Credits: Claudio Bianchi (È una guerra dura, caotica.... che non perdona)

Nelle piaghe di un tessuto lavorativo in cui scarseggiano le opportunità, l’incerto rimane l’unica via percorribile.

Perché il domani non sa aspettare, così anche i diritti fondamentali diventano secondari.

Allora, in questo teatro di vite in bilico, la paura e il sogno si intrecciano. E il baratto tra sicurezza e precarietà diventa una questione di sopravvivenza.

Gli occhi brillano, guardando a un passato da cui prendere il volo.

Mentre l’anima si sgretola, il cemento si indurisce.

La dignità è già scivolata via come la sabbia tra le dita…

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Caro diario,

ho scoperto il motivo di questa strana insonnia.

Alcuni uomini ben vestiti, forse imprenditori, sono intenti a formare un cerchio intorno a certe persone. Le persone sembrano vagare nell’aria, in uno spazio di prolungata assenza.

I ben vestiti sorridono alla conquista, come chi ha appena vinto la sua preda.

Il loro ghigno fa un rumore chiassoso.

Tra gli assenti dentro, ci sono anch’io. Cerco di gridare qualcosa ma la voce esce muta. Si ferma nella gola, stretta come in un girone che sta per portarti all’inferno.

Penso: vivere è una prova.

Loro portano tutti una cravatta saldamente annodata. Noi siamo appesi al cappio di una corda. È talmente resistente che non si vede neanche più il collo.

Quell’atmosfera mi fa paura. Mi mette addosso un insolito inverno.

Gli imprenditori muovono alcuni passi.

È iniziato lo show.

Si balla al ritmo di certi riti tribali in nome di un’antica divinità, il Dio Denaro. Sui verticali ceppi di legno, si dimenano le vittime, prima che il fuoco riduca tutto in cenere. Gettando via l’uomo insieme alla sua verità. Ancora una volta.

Da lontano riconosco molti di Noi. So i nomi ma non riesco a pronunciarli. Percepisco una dimensione eterea.

Nella testa mi squillano bombe accese da mani piegate sulle carte. I ben vestiti sventolano un matitone appuntito tra le dita.

In questa lunga danza della mattanza tutti sanno chi è l’assassino ma nessuno parla.

Penso: morire è la prova!

Qualcuno ha detto: “chi trova un lavoro trova un tesoro”

Si dice che i proverbi popolari facciano parte di una cultura orale del tramandare. Un patrimonio comune di buone esperienze stabilite convenzionalmente per insegnarci qualcosa. Un po' come accade nelle favole, dove è il lieto fine che chiude sempre la storia.

Eppure è difficile stabilire se questi verbi siano ancora al passo con i tempi moderni. Se ci sia la stessa intenzione o se sia la modernità stessa ad averli sviliti, risucchiandosi tutta quella generosa morale originaria.

Allora signori miei:

Vivere è già una prova.

È per questo che da adulta ti convinci che sia meglio percorrere una strada tutta dritta, senza curve o inciampi di passaggio. Credi che si possa misurare la felicità in peso: più kili, più sorrisi.

Solo dopo capisci che non è il numero di traguardi a cui arrivi a renderti un campione ma l’impegno che ci hai messo dentro. Perché perdere aiuta a costruire muri che possano essere infranti di nuovo. E costruiti ancora una volta.

Aiuta a scalare montagne senza la mediocrità della rinuncia. Che ti lascia tiepidamente accolta senza aver mai provato il brivido dell’onda che carezza il cielo, per poi perdersi nella vastità di un eterno istante.

Sentivo freddo quella sera.

Mi ricordo la stanchezza e il sonno. Credo di aver chiuso gli occhi prima ancora di accorgermi cosa stesse per accadermi.

Fu l’unica volta in cui vidi le curve sulla strada.

Perché morire è la prova.

Ricordo l’arrivo della polizia, prima che il tesoro si portasse via anche il più giovane tra Noi.

Quando a staccarsi, non è l’effetto del naturale evolversi della vita umana, ma l’essere umano stesso.

Furono scoperti 39 siti contaminati da sostanze chimiche artificiali.

Li chiamarono “Gli stabilimenti della morte”. Là, dove tutti avevano taciuto, l’uomo era stato moneta di scambio per un TESORO ancora più grande. Il Loro tesoro.

Senza dignità. Senza nessuna regola.

Come in una folata di vento,

che spazza lontano le foglie ma non ha ancora trovato le radici dell’albero.

Tra le bocche ingrassate dall’Oro

Nel silenzio di una danza della mattanza

Perché vivere è ancora la prova!

 

Questa è la mia ultima confessione…