La serata si apre con Junun, progetto lanciato da Shye Ben Tzur e Jonny Greenwood (chitarrista dei Radiohead).

Con la collaborazione dei membri del gruppo Rajasthan Express, ci vuole poco a tramutare il Parco delle Cascine in un oasi dalle sonorità orientali, prima di arrivare all’intimità di James Blake che con la sua voce avvolge (o, meglio, tenta di avvolgere) le decine di migliaia di spettatori in un’atmosfera raffinata ed introspettiva. Colpevole dell’ipotetico fallimento, una pessima equalizzazione del suono percepito nel prato verde della Visarno Arena.

Tra le aspettative incerte, complici il caso della svendita dei biglietti e lo spettro del terrorismo, è quindi il momento dei Radiohead. Il gruppo guidato dall’eccentricità di Thom Yorke, tornato a calcare i palchi italiani dopo un digiuno di 5 anni, ha ipnotizzato Firenze non solo con una scaletta ed un entusiasmo degni delle loro migliori esibizioni, ma anche con un sapiente gioco scenografico che grazie a tre maxischermi e migliaia di luci ha illuminato la penombra del cielo che li ha accolti sul palco.

Più di due ore di concerto in cui la band ha proposto al pubblico circa metà delle canzoni di A Moon Shaped Pool, ultimo lavoro discografico; ma si può dire che il vero protagonista della serata sia stato Ok Computer, terzo album in studio dei Radiohead e che proprio quest’anno festeggia il suo ventennale. Il disco, del quale sono stati suonati dal vivo ben 6 pezzi, di fatto quest’anno rivive di vita nuova, segnata dalla prossima pubblicazione di Oknotok, che presenta la rimasterizzazione completa dell’album con l’aggiunta di 3 inediti e 8 b-sides.

Se i Radiohead si sono fatti conoscere negli anni per la reticenza nel compiacere aspettative di produttori e pubblico, palesando all’occorrenza anche un rifiuto verso quelle canzoni e quel periodo della loro vita che ha condotto (o condannato) i cinque ragazzi di Oxford alla fama internazionale, sembrano oggi riconciliati se non addirittura riconoscenti per tutto ciò che sono arrivati ad essere nel corso della loro carriera, tuttora fiorente.

La scaletta può essere letta in questo senso come sintomatica: i momenti più coinvolgenti del concerto sono stati senza dubbio quelli in cui la band ha riproposto i suoi classici, attesi dal pubblico più di ogni canzone neonata: Paranoid Android, Exit Music, Airbag, Let Down, 15 Steps, Bloom, Everything in Its Right Place, Idioteque, Weird Fishes/Arpeggi, queste solo alcune delle tante canzoni che hanno unito in coro tutti gli spettatori del concerto. Fino ad arrivare alla chiusura della serata, segnata anch’essa da una tenera nostalgia ventennale: nell’ultimo bis, dopo Lotus Flower e Fake Plastic Trees arriva Karma Police, leggibile forse come un vero e proprio inno generazionale.

Si riaprono gli occhi e dal 1997 siamo tornati all’Ippodromo delle Cascine davanti ad un palco vuoto, e tra la commozione generale è arrivato il momento di salutarsi.
Nella strada verso casa il pensiero corre al ritorno in Italia non solo di cinque grandi artisti, ma anche dei cinque ragazzini che vent’anni fa imparavano a farsi scoprire. E non è un addio, ma solo un arrivederci. Alla prossima scoperta.