Presi il caffè e chiacchierai con Umberto Eco al Caffè Ninì.

Era l’otto maggio del 2006; il giorno prima, nell’ aula magna dell'Università della Calabria, l’illustre studioso aveva tenuto una straordinaria conferenza sulla “Bellezza nel corso dei secoli"  a cui avevo avuto  la fortuna di assistere, toccando con mano non solo la sua  grande erudizione, ma anche le sue capacità affabulatorie ed espositive che non disdegnavano di avvalersi delle moderne  tecnologie che sapientemente  governava come un abile regista e sceneggiatore capace di far calare le immagini e i suoni in sincronia perfetta con le parole.

Il professor Nuccio Ordine, che aveva curato quell’ evento, il  giorno successivo, invitò l’illustre maestro a trascorrere una giornata a Diamante che rigorosamente fu vissuta in forma molto privata, a partire dal bagno fuori stagione che Eco volle fare, complice una stupenda giornata di sole, alla spiaggetta dell'Hotel Ferretti. Lo accompagnammo a visitare i ruderi di Cirella e il monastero  per omaggiarlo con un  tocco di medievalità che rimandasse al "Nome della Rosa" e alle  peregrinazioni di Baudolino, e  gli  dissi che  tra quelle macerie avrebbero prossimamente  girato il film "L’ultimo Re" con la presenza dell’attore Moni Ovadia che sapevo essere un suo grande amico; chiaramente lo invitai timidamente a partecipare alla prima del Film che pensavamo di presentare al Diamante Film Festival dell’anno successivo. Mi sorprendeva il fatto che un uomo che sapeva tutto, fosse fortemente curioso e che più che rispondere alle domande, preferiva farle, atteggiamento che probabilmente gli derivava dal suo essere studioso di semiotica (disciplina che, dai tempi di Roland Barthes, ho impiegato molto tempo a capire di cosa si occupasse) e divoratore ingordo di ogni forma di conoscenza. A pranzo a casa, e soprattutto al bar da Ninì, ci dilettò con un umorismo che contrastava con l’aspetto burbero del corpulento e dotto professorone, non disdegnando di apprezzare con un improvvisato gioco di parole incentrate sulla Bontà e sulla Dolcezza,   sia la crostata di mia suocera che il caffè nocciolato di Nini.

Con Nuccio gli strappammo un flebile impegno a partecipare ad un evento culturale in estate,  cosa che si sarebbe dovuta verificare in occasione della presenza a Diamante di Stefano Rodotà o di Paolo Mieli e che poi saltò a causa dei suoi innumerevoli impegni. Ora che è  morto, e tutti hanno avuto modo di sapere dai media che Umberto Eco era il più grande intellettuale italiano, mi fa piacere ricordare quella giornata straordinaria, quella mano dalla stretta possente, quella dedica a mio figlio sulla prima edizione Bompiani del "Nome della Rosa", quel pomeriggio di sole al Caffè Nini e ai giochi di parole sul nome Diamante e alla domanda se la esperienza politica che facevo, la stavo vivendo da Apocalittico  o Integrato.