Credits: Claudio Bianchi

Nel mondo, 1 persona ogni 11 soffre la fame.

Quando si parla di fame nel mondo, la maggior parte di noi non ha la reale percezione di quella situazione. Sì certo, la possiamo intuire, entrarci in empatia e questo spiega il perché del sentimento che ci sale sulla pelle, facendo tremare pure qualche suo substrato, ogni qual volta affrontiamo l’argomento. Accade, però, che la vita continua (la nostra) e che il “tanto abbiamo le mani legate” freni l’iniziativa.  Che cosa potremmo fare, noi?

Allora ci assale un rimborso rispetto a quanto abbiamo appena pensato che poi, però, si dissolve insieme alla sensazione di impotenza che ci portiamo sulla lingua. Anche provare a parlarne ci crea timidezza. Il discorso si autocommisera difronte a un problema che effettivamente è grande, limitante. Quindi, la passiva rassegnazione arma nuove giustificazioni, chiudendo il cuore a una realtà che, pur volendo, non potremmo risolvere. Così, dopo l’iniziale strazio riversato nelle immagini di morte che attraversano frettolosamente lo schermo dei mass media, “scrolliamo” l’immagine con la lacrima sul viso del bambino, per andare avanti. Nel prossimo video proviamo una simpatica tristezza per il dissing Fedez – Tony Effe.

Ne siamo incuriositi. Andiamo a cercare notizie, a leggere i commenti. Finiamo per perderci più tempo di quanto avevamo originariamente creduto di spenderci. Allora ci schieriamo con qualche follower che sarcasticamente li prende a giro, ridicolizzando quella misera pagina di trash nostrano. Ci indigniamo per la violenza verbale di alcuni haters, a cui corrispondiamo una faccina triste o arrabbiata, per mostrare anche noi, il nostro dissenso. Insomma, diventiamo protagonisti di una “dramma” che si consuma nel virtuale. In realtà parallele, altrettanto distanti, come quegli argomenti intoccabili che ci avevano fermato il respiro poco prima.

Il gossip ha avuto la meglio.

Ma il web non fa solo questo, per fotuna…Come è possibile che il dolore, la sofferenza che ci viene sbattuta in faccia anche frequentemente, non smuova abbastanza di un influencer qualunque? Dove sono le piazze affollate? I Black Lives Matter e i George Floyd?

Perché ho l’impressione che la fame, sia un problema secondario?

Per chi, come me, vive nel ricco Occidente, tutto il resto appare già in overbooking. Le nostre pance  ingrassate si sollazzano al rumore delle contrazioni, conosciuto solo per l’indigestione che resta dopo la grande abbuffata.

Dall’altra parte, il mondo ci mostra le pance piene d’aria. Di assenza. Di famelica agonia. Quella parte di mondo è troppo distante da noi o forse è talmente vicina che la paura ci fotte. Ci rende sterili.

Niente appare come sembra…

A proposito di stomaco e di abbondanza, parlando della sua pittura, il pittore colombiano, Fernando Botero, affermava:

“Non dipingo donne grasse. Nessuno ci crederà, ma è vero. Ciò che io dipingo sono volumi. Quando dipingo una natura morta, dipingo sempre un volume. Se dipingo un animale, lo faccio in modo volumetrico e lo stesso vale per un paesaggio. Sono interessato al volume, alla sensualità della forma. Se io dipingo una donna, un uomo, un cane o un cavallo, ho sempre quest’idea del volume e non ho affatto un’ossessione per le donne grasse”

Botero dipingeva la dilatazione delle forme. Una specie di fame dello spazio. Dove non è chiaro se ciò che si vede è un’abbondanza già soddisfatta, finita.

Nel surreale[1] scenario di un mondo affamato dalla fame di cibo, i soggetti di Botero fanno pensare, portando a diverse letture e dissonanti emozioni.

Nella sua ricerca del gusto del sensuale che ricade nel volume, la pienezza delle forme generose, trasporta l'immaginario a qualcosa di accudente, una specie di curvy dei nostri tempi che piace perché rifocilla gli occhi. Difatti, sebbene l’artista avesse molte composizioni drammatiche, nelle sue opere prevale un’idea positiva e felice dell’esistenza.

Al di là della scelta stilistica e dell’ideale estetico, che nella tela boteriana diventa associazione delle forme al piacere e all’esaltazione della vita, ciò che più mi colpisce del suo progetto è l’idea che vi fosse una visione avanguardistica.

Una mia personale chiave interpretativa  è immaginare che abbia, forse inconsapevolmente, incarnato un archetipo artistico, in cui deformare serve a trasformare la realtà.

In linea con questo punto di vista, l’artista potrebbe aver voluto motivare una riflessione. Quelle figure “grasse” e fredde, fuori dagli usuali canoni estetici, quindi, ai più, grottesche, potrebbero essere una provocazione. Lo specchio riflesso di una società viziata che straborda nella voracità del materiale,  rischiando di scoppiare prima che ritorni l’appetito. Anche l’inespressività che sottende una precisa psicologia del soggetto, appare come una psicosi collettiva. Non è forse il richiamo alla più contemporanea “ipnosi” in cui è immerso l’uomo moderno?

Allora se l’abbondanza di Botero voleva essere felice, la nostra rischia di implodere, di affamarsi, pur essendo sazia.Di lasciare fuori la maggioranza.

Ma niente appare come sembra…

733 milioni di persone soffrono la fame nel mondo

148 milioni sono i bambini malnutriti sotto i 5 anni

45 milioni, i bambini che soffrono di malnutrizione acuta grave

 “La realtà è arida, preferisco comunicare la pienezza” - F. Botero


[1] Surreale perché è difficile credere sia vero