In quest’era così tecnologica, dove tutto è a portata di smartphone, perfino i sentimenti rischiano di infilarsi in cassetti codificati.
Tutto è prossimo. Tutto è così poco tangibile. Si vive in confini sempre più stretti, costruiti su enormi spazi di traffico. Si cattura l’attimo, piuttosto che viverlo. Si fanno amicizie “social” senza incontrarsi mai. E nel grande specchio virtuale, la nostra immagine è riempita secondo i topic del momento. Con regole vuote e mappature superficiali. Ma proprio quando tutto appare a portata di click, il futuro sente il bisogno di riprendere il filo da qualche cappello fuori tempo.
Di ritornare a quei profili non ancora “inflazionati”. Senza un tasto CANC a spazzare via la spontaneità di gesti che spontanei dovrebbero esserlo per loro natura. Perché riuscire ad imprimere stati d’animo sulla carta è confessarsi una sola volta: nel preciso istante dell’Amore. Certe lettere, sbiadite dal cenerino dell’inchiostro, invecchiato anch’esso come il pugno di chi le ha scritte, sono scrigno di dichiarazioni rosse di fuoco e rosa di primavera. Stendono tappetti di parole con tutti i colori dei fiori. Svelano l’inclinazione del cuore che ti esce dalle mani. Intimo. Spacciatamente reale.
E poi l’attesa. La lunga anticamera prima che esploda il desiderio. Prima che lo stare sulle spine si trasformi in vibrante ardore. In un intervallo di piacere ancora indefinito.
Così scriveva Beethoven, all’Immortale Amata:
“…posso vivere soltanto e unicamente con te, oppure non vivere più…” [1].
E di nuovo:
“…Per quanto tu mi possa amare — io ti amo di più…” [2]
“…Eternamente tuo
Eternamente mia
Eternamente nostri…” [3]
Ecco l’eterno a scandire la durata dell’amore. Senza principio o fine nella freccia del tempo. Un “t” con lo zero e il cento sul PERENNE, per misurarne la capacità di resistenza.
È capitato anche a me di scrivere dell’amore e delle sue sfumature.
A volte le parole hanno nascosto quello che avrei voluto dire e non ho detto.
Altre appartengono ad una visione che non ha il senso del tempo. Per continuare a volare nell’interminabile,
oltre l’azzurro del cielo…
Ho aperto e chiuso ombrelli (di Rossana Coratella)
Non ho più avuto bisogno di niente…
ho disfatto le valige dai panni sporchi
di desiderio e cenere
quella terrazza sul mare
e le sirene a ballare sotto
li ho asciugati col bianco della ragione
per ricominciare senza
Sono passati anni e i giorni dentro ai mesi
Ho aperto e chiuso ombrelli
E il tempo che cammina
ma il tempo si è fermato
Ho buttato sassolini per non dimenticarti sulla strada
Ho lanciato una stella nel cielo
Ti ho perduto anche quando non c'eri
camminando tra i tuoi passi
con le dita su una foto
Ho passato notti a strappare pagine al cuscino
a metterci addosso il tuo profumo
E il tempo che cammina
ma il tempo si è fermato
Ho suonato il tuo nome nelle vele dei marinai
sono corsa da te
coi pesci attaccati alle selle
Ti ho perduto anche quando non c'eri
sotto i castelli di cemento
dietro le piogge dei salici
Sono passati anni e i giorni dentro ai mesi
Ho aperto e chiuso ombrelli
E il tempo che cammina
ma il tempo si è fermato
a quella prima alba
col rosso della sera e l'oro del mattino
lo zucchero filato
la candela sempre accesa
Ho scritto sul diario
che avrei smesso
eppure sei nell'aria
eppure senza te…