Il concetto di “massa” subisce, da un punto di vista sociale, numerose variazioni, a seconda del periodo storico nel quale esso è preso in considerazione. Questo termine fu utilizzato per la prima volta nel corso del diciottesimo secolo per indicare in maniera dispregiativa le persone più povere, in contrapposizione alla classe nobiliare.

Con il passare del tempo e lo svilupparsi della rivoluzione industriale nel diciottesimo secolo, fu utilizzato da molti pensatori dell’epoca, in particolare da Marx, per indicare la nuova classe lavoratrice, inconsapevole però della propria identità. Nel ventesimo secolo, con l’avvento dei regimi, con il termine massa si è iniziato ad indicare sempre di più l’intero popolo. Quel popolo che doveva essere controllato e privato delle identità individuali, in modo da riuscire a controllarlo e a dominarlo. Un ruolo fondamentale in questo senso l’hanno giocato i mass media: dapprima la radio, strumento attraverso il quale il messaggio del dittatore poteva raggiungere un intero popolo istantaneamente, poi la televisione, in particolare la cosiddetta “tv commerciale”, che attraverso la creazione di nuovi canoni di bellezza e di vita, ha portato il cittadino medio ad una sempre più progressiva alienazione e ad una distorsione della realtà. Un altro grave effetto di quello che potremmo chiamare “processo di massificazione” è la perdita progressiva del proprio “io” e della consapevolezza di chi si è veramente.

Questo processo di disgregazione, iniziato già nel diciannovesimo secolo con la ripetizione meccanica dello stesso gesto per molte ore al giorno da parte degli operai delle fabbriche, ha subito un progressivo, ma molto importante peggioramento nel corso del ventesimo secolo. Peggioramento che è stato messo in evidenza da molti autori e artisti, tra i quali spicca Pirandello con il suo teatro delle maschere: metafora di una vita in cui siamo costretti a “recitare” per allinearci ai canoni imposti dalla società, perdendo così la nostra vera personalità individuale.