Con il campionato fermo per fare posto alle qualificazioni per i Mondiali di Qatar 2022, è il momento perfetto per analizzare la stagione del Milan a 10 partite dal termine del campionato.

Il Milan visto nel post lockdown nella scorsa stagione aveva sorpreso tutti, rimanendo imbattuto nelle 12 partite disputate e conquistando 30 punti che sono valsi la qualificazione all’Europa League.

Ad inizio stagione ci si chiedeva se i rossoneri avrebbero mantenuto lo stesso ritmo mostrato nel finale dello scorso campionato o si sarebbe riproposta la discontinuità di risultati e prestazioni vista negli anni a cavallo tra la fine dell’era Berlusconi e il primo anno di proprietà Elliott. Le ultime dieci partite di questa stagione saranno molto importanti in questo senso ma, per quanto riguarda le prestazioni, si è assistito ad un cambiamento radicale sotto la gestione Pioli.

I rossoneri sono attualmente al secondo posto in classifica con 59 punti conquistati e sono stati eliminati agli ottavi di finale di Europa League dal Manchester United al termine di una doppia sfida molto combattuta: non si vedeva il Milan al secondo posto in classifica dalla stagione 2011-12, mentre sul fronte europeo è stato eguagliato il piazzamento della stagione 2017-18 quando i rossoneri furono eliminati agli ottavi dall’Arsenal.

Concentrandoci sul profilo delle prestazioni, i rossoneri hanno dimostrato di saper affrontare con aggressività le situazioni di svantaggio: emblematiche le rimonte nei preliminari di Europa League e in campionato contro Lazio e Fiorentina, e in questo senso il dato riguardante i gol segnati all’inizio e alla fine del secondo tempo, ossia 14 gol nella fase tra il 46’ e il 60’ e 10 gol negli ultimi 15 minuti di gara, conferma l’atteggiamento della squadra di non volersi arrendere nei momenti più complicati.

Un altro aspetto importante è dettato dalla necessità di fare ricorso alla panchina per rimediare agli infortuni e alle positività al Covid-19, che hanno privato il tecnico di profili importanti quali Ibrahimovic, Bennacer e Calhanoglu: nonostante ciò, la risposta della panchina è stata più che positiva, soprattutto visto l’apporto dato dai vari Dalot, Gabbia, Brahim Diaz e Krunic, nonché dall’acquisto di gennaio Tomori, difensore classe ’97 acquistato dal Chelsea che ha dato ossigeno e nuova linfa al reparto difensivo vittima di parecchi infortuni.

Attribuire il merito dei risultati e del ritrovato equilibrio esclusivamente al tecnico Stefano Pioli e a Zlatan Ibrahimovic, leader indiscusso in campo, sarebbe riduttivo nei confronti di un gruppo molto coeso: tuttavia è evidente che dall’arrivo del tecnico emiliano la squadra ha trovato una sua identità ben precisa ed è riuscito ad allentare la pressione sul gruppo dovuta all’importanza di vestire la maglia rossonera; lo svedese, dal canto suo, oltre ad avere uno score realizzativo anche sopra i suoi standard di carriera (15 reti realizzate in sole 14 presenze), ha saputo responsabilizzare i suoi compagni di squadra, specialmente i più giovani.

Il futuro del Milan adesso passa attraverso due fronti: il primo è il raggiungimento della zona Champions, che permetterebbe alla società di poter compiere ulteriori investimenti ed affrontare al meglio l’eventuale impegno nella massima competizione europea; il secondo, condizionato indubbiamente dai risultati, riguarda la questione dei rinnovi contrattuali di Ibrahimovic, Donnarumma e Calhanoglu, tutti e tre in scadenza a giugno e al centro di costanti trattative tra la dirigenza e i rispettivi entourage, a cui si aggiungono i rinnovi di Calabria e Kessié, con scadenza giugno 2022.