Probabilmente molti di quelli che stanno leggendo quest’articolo ricollegano gli anni ’90 alla propria infanzia o alla propria adolescenza, al walkman o ai  floppy disk. Erano gli anni del bungee jumping e dei ciucci colorati, degli zaini Invicta e delle situation comedy generazionali, degli autoscontri e del Tamagotchi, delle rotelle allineate sui pattini e  arrovellate nei pacchetti di liquirizie; si calzavano con fierezza le Dr. Martens, i parka, le scarpe con le luci e le collane girocollo di velluto; si ballava la dance, mentre si ascoltavano Oasis e Take That, Spice Girls e Backstreet Boys;  si guardavano Friends, le videocassette della Disney, e si giocava col Crystal Ball e le carte Uno.  Questa decade ci ha lasciato davvero un'eredità musicale preziosa. E' in questo periodo che esplodono le icone pop, il grunge, il metal, il britpop, l'elettronica, la tecno e la dance.

I dischi erano  accompagnati da un merchandising che spaziava dai poster ai gadget, agli adesivi da attaccare sul diario. Gli amanti della musica erano spesso divisi in fazioni tra chi preferiva gli Oasis e chi i Blur, chi ascoltava metal e chi andava in discoteca. L’uscita dell’ormai leggendario Unplugged dei Nirvana sembrò poi mettere d’accordo quasi tutti, sia i ragazzini dai capelli lunghi e le camicie a quadri, sia quelli in canottiera bianca e tatuaggi maori.

Insomma, riascoltando quelle canzoni chi non hai mai sognato di tornare indietro nel tempo e ritrovarsi a ballare nei locali più blasonati dell’epoca, al concerto degli Oasis a Knebworth nel 1996, o magari  essere tra i primi a comprare Nevermind dei Nirvana? Proprio per aiutarvi a fare questo viaggio nel tempo non possiamo che elencare 10 dei migliori album degli anni ‘90, album che è praticamente impossibile non consumare.

Nevermind, Nirvana, 1991

Il 1991 fu un terremoto. All'improvviso arrivò un'esplosione inaudita, e dai più non prevista, provocata dalla voce di Kurt Cobain, che preannunciava che gli anni ’90  sarebbero stati degni di essere vissuti. I Nirvana, poco più che  uno sconosciuto gruppo di giovani sbandati dalla fredda e anonima periferia di Seattle, erano al primo posto delle classifiche di vendita degli album con Nevermind, che apre questa decade con l’immagine di un neonato che nuota per conquistare il suo dollaro. Il grunge diventa  genere musicale e manifesto di un’intera generazione, che trova in Cobain il suo portavoce, un leader insicuro e introverso che  porta sul palco tutta la rabbia che può derivare dall’emarginazione, dal sentirsi incompreso e fuori luogo. Nevermind: non ci pensare, non importa. In effetti, quando si mette per la prima volta questo disco nello stereo, si ha la sensazione di non aver pensato nulla di buono nella propria vita. Nevermind è qualcosa di più di un disco. È rabbia, inquietudine, dolore, atroce dolore.  La voce graffiata, sofferente ma allo stesso tempo arrabbiata di Kurt ci accompagna per tutto l’album, che si apre con il pezzo più noto dei Nirvana: Smell like teen spirits. Il brano  diventa un vero e proprio inno, un atto di ribellione, di rivincita contro tutte quelle insicurezze  e  forme di disagio interiore che porta con sé l’adolescenza. A impreziosire ancora di più l’album troviamo altri brani come Come as you are, che ci ricordano che il dolore non è solo rabbia. La canzone, con il suo giro di basso inconfondibile e le sue atmosfere stranianti e quasi oniriche,  ancora una volta cerca di rispecchiare l’interiorità di Cobain, l’insicurezza di Kurt a relazionarsi con gli altri sebbene sia comunque pronto ad accettarli.

Definitely Maybe, Oasis, 1994

Per nostra fortuna nell’agosto del ’94 gli Oasis debuttano con il loro primo album, l’ossimorico Defintely Maybe (Decisamente Forse), dal carattere potente, fresco, immediato e spontaneo. Ascoltare questo disco significa praticamente vivere gli anni ’90. Liam Gallagher con la sua voce tagliente, canzoni semplici e dal ritornello coinvolgente conquista subito le nostre orecchie e il nostro cuore. I fratelli Gallagher  promuovono un nuovo modo di essere, di comportarsi, risultano antipatici e ribelli a costo di non tradire se stessi: dalle loro canzoni traspare questa voglia di emergere, questa strafottenza che dalla working class di Manchester li porta al numero uno delle charts inglesi. I due litigiosi fratelli da subito si presentano sulla scena come l’antitesi  del rock della prima metà  degli anni ’90: alla cupa semplicità del grunge di maggior successo, ormai segnato dal suicidio di Cobain, contrappongono un manierismo rock ‘n’ roll ultramelodico; alla tematica della depressione, si avvicenda una sincera voglia di vivere e di avere la meglio su qualsiasi difficoltà. Questo nuovo sentimento trova sicuramente come manifesto il brano Live Forever, che diventa emblematico già a partire dal titolo e dalla frase maybe I just wanna fly, wanna live, I don't wanna die. Successivamente lo stesso Noel Gallagher ha affermato di aver scritto la canzone in contrapposizione  a quella dei Nirvana, I hate myself and I want to die. La forza trascinante delle loro canzoni contribuisce a creare quella che già si profilava come un'autentica Oasismania, spinta anche da media entusiasti per aver finalmente trovato eroi per un popolo, quello britannico, al quale ormai da tempo mancava un punto di riferimento musicale che sapesse così ben interpretare lo stile di vita della working class, fatto di risse, ansie per un futuro incerto, bevute al pub dopo frustranti giornate di lavoro, crisi di coppia consumate nelle grigie giornate delle suburbie inglesi, ma anche un grandissimo desiderio di rivalsa e una selvaggia voglia di vivere  e divertirsi, condizione che viene perfettamente raccontata nel brano Cigarettes & Alcohol.

Dog Man Star, Suede, 1994

Senza essere mai entrati in uno studio di registrazione i Suede erano già famosi nel circuito londinese come la real next big thing, un po' per le affidabili credenziali di chi li aveva visti esibirsi nei club, ma anche per la presenza dietro i tamburi di Mike Joyce (l'ex Smiths verrà sostituito dopo appena un promo registrato, oggi rarità del mercato collezionistico). Ma i Suede non si lasciano intimidire dalle entusiastiche recensioni o dalle cospicue vendite ottenute con l’esordio, con ponderata caparbietà alzano il tiro, dando libero sfogo alla vanità delle loro ambizioni. Dog Man Star si presenta come un album appassionato, teatrale e  depravato, in cui troviamo tracce neo glam dal retrogusto funesto, come We Are The Pigs e Heroine, liriche che fanno riferimenti a droghe sintetiche e sesso take away, ma soprattutto un cantato ambiguo e ammiccante che è impossibile non ricollegare al Bowie di vent’anni prima. Non mancano numeri di cristallino pop, come l’atmosferica The Wild Ones, la crepuscolare The Two of Us o la tenera The Power. Canzone simbolo è probabilmente Black or blue,  densa e languida love-song sullo sfondo di una Londra degradata, da cui cercare una via di uscita all’imbocco per Heathrow. Un po’ sopra le righe, come è stata tutta la carriera del gruppo del resto. L’immaginario dei testi scritti da  Brett Anderson è veramente ampio: Londra e la solitudine delle sue periferie di mattoncini rossi, le sue strade solcate da auto veloci guidate da personaggi dissoluti in cerca di riscatto e le ambigue abitudini, sessuali nonché chimiche; tutte queste immagini sembrano essere evocate dalle canzoni  dei Suede.

Parklife, Blur, 1994

Nello stesso anno di Definitely Maybe, i Blur, degni antagonisti degli Oasis, ci presentano Parklife. Lanciato dai singoli spaccaclassifiche Girls & Boys e Parklife, l'album è un susseguirsi di citazioni e rimandi al passato riletti sapientemente dal quartetto, uno sforzo tecnico e creativo non indifferente per uno dei tre dischi cardine del movimento britpop e non solo. Beatles e Kinks ovviamente pervadono il disco nella sua totalità, in maniera ancora più smaccata negli intermezzi strumentali come lo pseudo-valzer The Debt Collector; in Far Out un elenco di nomi senza nessun apparente significato riporta alla mente il nonsense in musica della Sun King di Abbey Road. Il disco dimostra di essere molto diverso dai precedenti della band inglese, diversità che probabilmente deriva dallo stretto contatto con la cultura americana, a cui il gruppo si avvicina durante un tour d’oltreoceano. Questo scontro tra la cultura britannica e quella statunitense darà vita ai personaggi che popolano le storie di Parklife, incarnazioni della forte influenza che lo stile di vita americano stava avendo sugli europei. L’album si muove tra slanci satirici e tratti intimistici, proprio la canzone Girls & Boys passa dall’essere  caricatura  delle abitudini sessuali nei luoghi di villeggiatura di massa a inno della nuova libertà. Parklife si presenta come una sorta di raccoglitore contenente tutti gli aspetti della nuova generazione, che vive quel decennio e che si confronta con i nuovi cambiamenti culturali e tecnologici. La paranoia di fine millennio che troviamo in End Of A Century (We all say “don't want to be alone”, we wear the same clothes 'cause we feel the same, we kiss with dry lips when we say goodnight. End of a century, oh It's nothing special), la pornografia, la televisione, il divertimento forzato come distrazione dal presente, il salutismo spinto e la perdita di se stessi, sono i temi su cui si basa la narrazione di tutto il disco.

Different Class, Pulp, 1995

Non vogliamo avere problemi, vogliamo soltanto avere il diritto di essere diversi. Questo è tutto: questo è il messaggio che si trova sul retro del booklet interno alla confezione dell’album, ma anche il messaggio di fondo di tutte la canzoni che ne fanno parte.  Il 1995  si rivela l'anno della definitiva consacrazione dei Pulp. Cocker, l'outsider per antonomasia, quasi non ci crede di essere davvero catapultato sotto i riflettori. Stupore che si tramuta in satira nel singolo Common People. Attraverso il divertito racconto di un incontro risalente al 1988 con una studentessa greca proveniente dall'alta borghesia, ma con la pretesa di voler appartenere alla “gente comune”, Jarvis scrive il suo inarrivabile capolavoro, smascherando i vizi di un'Inghilterra ricca e annoiata. Ma la vera riscossa degli emarginati arriverà nell’autunno dell’anno successivo, con la pubblicazione di Different Class. L’album è anticipato dal doppio Lato A Mis-shapes/ Sorted For E' & Wizz. Mis-shapes è il più diretto tra gli attacchi che Cocker porta al sistema di classe inglese. Più in generale, le riflessioni su amore e sesso sono uno dei temi ricorrenti dell'album. A metà scaletta troviamo la  ballad Something Changed che descrive la casualità degli incontri che cambiano la vita (Where would I be now if we'd never met? Would I be singing this song to someone else instead?). Sarà il quarto e ultimo singolo estratto, pubblicato nel marzo del 1996 con il b-side Mile End, brano poi inserito nella colonna sonora di Trainspotting.