L’unica cosa ben nota su questo film era che ha ricevuto dieci minuti di applausi a Cannes. Mentre stavo in sala e lo guardavo, mi sono davvero chiesta il perché.

Diretto dal regista Nanni Moretti (“Il caimano” 2006, “La stanza del figlio” 2001) e scritto dallo stesso, insieme a Francesco Piccolo e Valia Santella, è un film dove l’autobiografismo è un elemento cardine dell’opera.

La pellicola racconta l’esperienza del regista, che ha perso la madre proprio durante le riprese di “Habemus Papam”, ma per quanto ci si sforzi di entrare in contatto con il film, proprio non si riesce.

Nonostante la tematica riguardi sfortunatamente tutti, direttamente o indirettamente, poiché purtroppo la perdita di un genitore è qualcosa che prima o poi bisogna affrontare, non emoziona, non ci commuove. Forse per la lentezza e monotonia delle scene non si entra in empatia con i personaggi.

Margherita (Margherita Buy) è una regista che sta girando un film “sulle persone che perdono il lavoro”; rappresenta l’alter ego femminile di Moretti, che parla attraverso il suo personaggio. Molto rigida, seria e paranoica sul set, dice agli attori di stare accanto al personaggio, ma quando le si chiede cosa significa non sa dare una risposta. Durante la conferenza stampa afferma di voler fare un certo tipo di cinema, impegnato. Affermazione che sicuramente apprezziamo, ci piace il cinema impegnato, ma magari si potrebbe movimentare questo impegno! Dando più spazio alle scene sul set e al dibattito tra i personaggi, per esempio. E invece il film procede con lo stesso ritmo, accompagnato da una musica lenta e monotona. Per fortuna che c’è John Turturro! E’ davvero l’anima del film e strappa anche qualche risata, interpretando l’attore Barry Huggins, che parla poco l’italiano ed ha uno strano senso dell’umorismo. È un uomo esuberante e la sua frenesia va in netto contrasto con la monotonia di Margherita. Una delle scene più divertenti è quando deve girare una scena in macchina e non riesce a dire la battuta perché davanti ci sono tre macchine da presa che gli coprono la visuale.

La pellicola si divide in due macro storie, le riprese del film e, appunto, la storia della madre Ada e su come Margherita ne affronti la malattia. Ada è una donna anziana, malata e ricoverata in ospedale. Ex professoressa, insiste su quanto l’ospedale la renda sempre meno attiva. Moretti sottolinea quanto Ada sia una figura di riferimento per tutti, per la figlia che si rivolge a lei per avere dei consigli sul film, per il fratello Giovanni, interpretato dallo stesso Moretti e per la nipote Livia, che si confida con lei piuttosto che con la madre. Per tutto il film risulta essenziale per la vita di tutti, tanto da non riuscire neanche a pensare di vivere senza. La notizia della sua morte imminente viene affrontata con negazione, soprattutto da parte di Margherita, che dopo l’annuncio viene ripresa di spalle mentre cammina per i corridoi dell’ospedale.

Mentre Giovanni continua a comportarsi normalmente e ad accudire eccessivamente la madre, Margherita affronta la situazione quasi in modo distaccato senza pensare a possibili risoluzioni e viene schiacciata dall’impotenza. Le sequenze dei suoi momenti in abbandono all’irrazionalità, ci mostrano le sue paure, sia sul film, sia sulla perdita della madre. Sono per lo più incubi che si concludono con lei che si sveglia di soprassalto. In particolare, in una sequenza Ada sta guidando la macchina, Margherita la ferma, la fa scendere e si mette alla guida, andando a sbattere ripetutamente contro un muro. Questo sottolinea la sua preoccupazione e la sua impotenza davanti a quello che sta accadendo e l’unica reazione è attraverso i sogni, in cui sfoga la sua rabbia. Ada viene dimessa e passa del tempo con la nipote, aiutandola con le ripetizioni, nel tentativo disperato di non spegnersi. Intanto Margherita continua le riflessioni su se stessa e si rende conto, grazie alla troupe, di essere insopportabile. Ma si stupisce anche del fatto che nessuno glielo abbia mai detto. L’unica persona che potrà nuovamente aiutarla sarà la madre, si rivolge a lei persino per avere risposte su come distrarla o fare qualcosa che le dia sollievo. Purtroppo la malattia di Ada fa il suo corso e finisce in terapia intensiva. Il meccanismo di difesa di Margherita è sempre più evidente, poiché dopo la notizia ricevuta sul set, continua a girare. Una nota positiva per il finale onirico, in cui Margherita chiede alla madre a cosa sta pensando e questa risponde “a domani”. Tutti pensano al futuro, anche Ada, nonostante sia anziana e vicina alla morte.