A tutti gli amanti del genere horror condito da sfumature vintage, consigliamo Scary stories to tell in the dark; film del 2019 diretto da André Øvredal e prodotto da Guillermo del Toro.

Quello che  da subito ci viene offerto sono atmosfere macabre e riflessioni sociopolitiche, in una ghost story accattivante che si muove tra minacce spettrali ed altre più reali, come il Vietnam. La pellicola nasce come adattamento cinematografico dell'omonima saga di libri per ragazzi, scritta da Alvin Schwartz, composta da tre volumi pubblicati dal 1981 al 1991.

Ci troviamo a Mill Valley,  in Pennsylvania, nel 1968.  È la notte di Halloween, Stella (Zoe Margaret Colletti), giovane studentessa solitaria con ambizioni di scrittrice,  insieme ai suoi amici Auggie (Gabriel Rush), Chuck (Austin Zajur) e Ramón (Michael Garza), decide di andare nella  vecchia casa infestata della famiglia Bellows, dove una volta viveva la leggendaria Sarah, una ragazza che, tenuta segregata dai familiari nello scantinato per motivi misteriosi, raccontava storie orrorifiche  ai bambini. Stella trova il libro dei racconti di Sarah e le cose volgono subito al peggio.

L’ambientazione, nostalgica e vintage, piena di carte da parati e pantaloni a vita alta, è molto suggestiva. Il 1968 è un anno importante, come il film che i ragazzi vedono al drive-in, La notte dei morti viventi di George Romero, che avrebbe rivoluzionato la storia dell’horror.  Ambientare la storia nel ’68, vuol dire anche  proporre una riflessione sul confronto tra gli orrori del soprannaturale e gli orrori della realtà, con la guerra in Vietnam che continua a fare capolino e si insinua nelle vite dei protagonisti, così come le minacciose elezioni, che avrebbero nominato presidente Richard Nixon. Questi sono i veri spettri che incombono sul futuro. È proprio questo sfondo così concreto e reale, che pone l’horror su un altro piano rispetto  a tutti gli altri. Il contesto fa la storia e genera i mostri.  

Le fughe di adolescenti in bicicletta per lunghi viali alberati, i misteri da risolvere, le rapide conversazioni attraverso walkie talkie, ci fanno riconoscere la pellicola come figlia di un filone sci – fi o teen  horror, che ha come capostipiti It, Stranger Things e Piccoli brividi.

Sui ragazzini coraggiosi che affrontano il male Stephen King ci ha costruito una carriera, ma anche al cinema è un filone che riaffiora periodicamente. Senza contare  It, non possiamo dimenticare  anche titoli come Stand by me. In questo filone dove l'horror diventa il motore per esorcizzare le nostre paure e diventare un poco più adulti, si inserisce il film Scary Stories to Tell in the Dark. Se esiste la letteratura young adult, esiste anche il cinema young horror che con facilità riassume il senso del nuovo lavoro del regista norvegese  André Øvredal.