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RomaCi sono molti esperti di calcio che tracciano una linea decisa tra due periodi distinti della storia di questo sport: c’è un primo periodo, che potremmo definire Preistoria, in cui il calcio era un tipo di gioco e c’è un secondo periodo, che potremmo definire Storia, in cui il calcio è divenuto un tipo di gioco completamente diverso.

Quello che chiamano “calcio totale” è il nome del passaggio dal primo al secondo tipo, come se la “creatura calcio” si fosse evoluta a tal punto da diventare una cosa totalmente diversa e vagamente somigliante alle proprie origini.

Quello che chiamano Johan Cruijff è invece il volto di questo cambiamento, il simbolo di questa trasformazione che non è assolutamente limitata alla pura tattica: quella di Cruijff, di quegli anni, è una trasformazione totale che passa dal campo, vola sugli spalti e aleggia pesantemente sopra le menti dei milioni di tifosi sparsi in tutto il mondo.

Sarebbe irrispettoso dire che sia solo di Cruijff il merito dell’esistenza di quel “calcio totale” che non sarebbe altro che l’antenato del gioco che vediamo praticare oggi su tutti i campi rettangolari che abbiano due porte alle estremità. Il merito è di tante persone, di tanti calciatori, allenatori, a partire dall’Austria degli anni ’20 che ne praticava una tipologia ancora sperimentale fino ad arrivare al grande Reynolds, a Michels, al grande Ajax e all’indomabile Olanda degli anni ’70. No, Cruijff non è l’unico ma se dovessimo dare un volto a quella rivoluzione sociale e tattica non potremmo che scegliere il suo. Aveva tutte le qualità adatte ad essere, passatemi il termine, il vero “Messia” del Nuovo Calcio.

Prima di tutto è stato un fuoriclasse: bisogna essere chiari su questo perché il “palazzo deve sempre reggersi su basi solide per rimanere in piedi”. Cruijff era “fuori” da ogni possibile “classe” di calciatore fino a quel momento conosciuto. Parliamo degli anni ’70, quindi più di quarant’anni fa, ma di campioni se ne sono già visti parecchi: Di Stefano, Puskas, Pelè, Best giusto per fare quattro nomi a casaccio. La palla è già stata toccata con grazia, già stata scaraventata in rete tante di quelle volte e in tanti di quei modi che i tifosi possono ben dire “di averne viste di stelle”. Ma Cruijff è qualcosa di diverso, qualcosa che va al di là del gusto personale che ci porterebbe a scegliere un giocatore preferito piuttosto che un altro: Cruijff travalica, è un giocatore totale, completo, fantasioso, bizzoso e forte, fortissimo. E’ capace di segnare 369 gol in carriera ma non fa il centravanti puro, è qualcosa d’indefinito che spazia per tutto il campo alla ricerca dello spunto, della posizione perfetta per far male agli avversari.

In secondo luogo è stata la prima, vera, Star del calcio. Tolto Best, che aveva aperto la strada allo “Star System” hollywoodiano anche nel mondo del calcio, prima di allora i calciatori, anche le leggende, erano in fondo ancora “umani”. Ricchi, questo è chiaro, ma profondamente “umani”, ben consci del mondo che li circondava. Cruijff è stato il primo, merito anche di un suocero abbastanza furbo e visionario, a creare intorno a sé una vera e propria “fabbrica di soldi”: sponsor personali, stile di vita e creazione di un vero e proprio culto personale furono i punti principali di quella che col tempo è diventata una vera e propria rivoluzione sociale calcistica. Probabilmente è la parte più oscura del “campione” ma è una cosa con cui, al giorno d’oggi, tocca fare i conti: non esiste calciatore ormai che non diventi prima una star che un campione.

Infine è stato un personaggio poliedrico, capace di creare frasi letteralmente “mozzafiato” e allo stesso tempo di farsi qualche nemico di troppo, dentro e fuori dal campo. E’ stato un magnifico filosofo del pallone, uno che “non le manda a dire”, uno che probabilmente aveva colto un pizzico della magia che questo sport riesce a trasmettere ma che non si è mai dimenticato, fin da quando correva scalzo nel quartiere di Betondorp per giocare con gli amici, che il calcio è e rimane un gioco. Da allenatore, più che da giocatore, è uscito tutto un lato di Cruijff che aveva tenuto seminascosto agli occhi dei curiosi. Ciò che è riuscito a fare a Barcellona dall’88 al ’96 è qualcosa che, ancora una volta, travalica la normale gestione di un club. E’ la creazione di una filosofia di gioco, è l’incipit del “guardiolanesimo” e del “rikkaardismo” che ci hanno fatto strabuzzare gli occhi. Al di là dei premi vinti, della Coppa dei Campioni e dei campionati, è stata un’ulteriore, ultima scossa tellurica dell’olandese al mondo del pallone.

“Il calcio è semplice. Ma la cosa più difficile è giocare un calcio semplice.”. Questa è la direttiva.

Questo quello che ha cercato ed è riuscito a fare. Semplicità e genio. Johann Cruijff.