Si chiudono definitivamente anche gli ultimi due maggiori campionati d’Europa: parliamo naturalmente della Ligue 1 e della Liga che vedono trionfare rispettivamente il Paris Saint Germain e il Barcellona.

Per il club francese, di proprietà qatariota, è il quinto titolo in bacheca, terzo della gestione Al-Khelaifi: il terzo consecutivo, secondo per Laurent Blanc. Ai parigini sarebbe bastato un pareggio sul campo del Montpellier ma s’impone ugualmente per 2-1 grazie alle reti di Lavezzi e Matuidi. Non va oltre il pareggio il Lione contro il Bordeaux: la disfatta della settimana scorsa contro il Caen (3-0) aveva già comunque segnato il campionato.

Per il Lione un ottimo secondo posto ed un ritorno in Champions League dopo anni di assenza. Vince il Monaco contro il Metz rimanendo al terzo posto con 68 punti ma la risposta del Marsiglia (4-0 sul campo del Lille) è pronta: la squadra di Bielsa rimane quarta a quota 66 punti. L’ultima giornata deciderà la piazza più bassa del podio.

Dalla Francia alla Spagna dove il Barcellona di Luis Enrique conquista la ventitreesima Liga della propria storia grazie al successo per 1-0 sull’Atletico Madrid. A segno naturalmente Lionel Messi, un gol che vale il primo titolo verso un possibile “triplete” per i “blaugrana”. Non serve a molto la tripletta di Cristiano Ronaldo contro l’Espanyol, rimbeccato tra l’altro a fine partita dal compagno Pepe per un’eccessiva esultanza nonostante il campionato fosse ufficialmente sfumato, che porta il portoghese a 45 centri stagionale, primo in solitaria nella classifica marcatori della Liga. Terza piazza che rimane comunque ai “colchoneros” di Diego Simeone mentre dietro il Valencia perde un’ottima occasione per avvicinarsi ai biancorossi di Madrid pareggiando in casa contro il Celta Vigo. Vince invece il Siviglia contro l’Almeria e si porta ad un solo punto dal quarto posto, occupato proprio dai lusitani, rendendo ancora interessante la lotta per l’ultimo posto utile alla Champions League.

Poco da dire ha invece ormai la Bundesliga che può al massimo guardare con interesse un’altra sconfitta del Bayern di Guardiola. La squadra del catalano ha evidentemente staccato la spina dopo aver abbandonato ogni velleità europea e dopo aver conquistato con grande anticipo il campionato. Vince il Wolsfburg, secondo, contro il Borussia Dortmund di Klopp, che dista tre punti dall’ultimo posto valevole l’Europa League, attualmente occupato dall’Ausburg. Terza piazza per il Borussia Monchengladbach che vincendo contro il Werder Brema si assicura l’Europa che conta.

Infine uno sguardo alla Premier, anch’essa già decisa a favore del Chelsea. I “blues”, sicuri ormai della vittoria, incappano forse nella vera e propria disfatta stagionale per mano del West Bromwich Albion: 3-0 per i padroni di casa. L’Arsenal di Wenger invece si è quasi assicurato il terzo posto grazie al pareggio per 1-1 contro il Machester United: basterà un pareggio nell’ultima giornata ai Gunners per avere la sicurezza di partecipare alla prossima Champions League. Southampton, Tottenham e Liverpool si giocano invece i piazzamenti valevoli l’Europa League: la squadra di Koeman si libera dell’Aston Villa con un secco 6-1 ma rimane al settimo posto; gli Spurs invece tengono a bada l’Hull City vincendo 2-0 e mantenendo la sesta piazza. Infine il Liverpool perde contro il Crystal Palace ma mantiene la quinta posizione.

Una sconfitta pesante quella dei Reds,ad Anfield, ma non tanto per una classifica che potrebbe incredibilmente complicarsi all’ultima giornata quanto per il valore affettivo di tale match.

Uno dei più grandi giocatori della storia del Liverpool ha infatti salutato per l’ultima volta il suo Anfield e la sua “Kop” (il settore più caldo del tifo di Liverpool). “Suo” non a caso ma per diritto, perché Steven Gerrard, prima di diventare lo splendido centrocampista che abbiamo avuto la fortuna di ammirare, è stato un ragazzo che cantava e tifava proprio su quegli spalti, tra gli stessi tifosi che per circa vent’anni lo hanno osannato. Un legame molto più forte di qualunque offerta economica da capogiro, di qualunque ambizione di vittoria, forse proprio di qualunque altra cosa. Tutto lo stadio lo saluta in un clima surreale in cui la sconfitta, per una volta, non pesa neanche tanto. Perché non vedere più il numero 8 entrare per primo sul terreno di gioco, toccando e baciando il simbolo del Liverpool stampato sopra le scale che portano negli spogliatoi, sarà molto più brutto, più triste, di non partecipare a qualsivoglia competizione europea. Forse, a vedere il Liverpool di questa stagione, si sarebbe potuto attendere un po’ di più prima di accompagnare un personaggio del genere alla porta. Forse si sarebbe dovuto calcolare che quella lì, quella di Anfield, è la porta di “casa sua” e di nessun’altro.

Magari il calcio sarebbe stato migliore se tutti noi avessimo potuto godere ancora di quei lanci, di quei tiri imprendibili, di quella grinta e dedizione verso un colore, il rosso, che ha accompagnato tutta la vita di uno dei più grandi campioni che non solo Liverpool, non solo l’Inghilterra, ma tutto il mondo abbiano mai visto. Avrebbe potuto vincere molto di più, guadagnare molto di più, diventare “re” ovunque avesse voluto ma d’altronde per uno che ha detto di “essere diventato il giocatore che è per il cugino Jon-Paul, scomparso nella tragedia di Hillsborough il 15 Aprile del 1989” i soldi ed i successi non sono tutto.

C’è qualcosa di più che ha legato Gerrard a Liverpool e al Liverpool rendendoli praticamente la stessa cosa.