Dopo mesi di attesa e di promesse (in parte mantenute), The Walking Dead ritorna col consueto giorno di ritardo rispetto al palinsesto americano su quello italiano della Fox e lo fa con un episodio shockante, violento e totalmente privo di quelle lunghe pause che erano state tanto criticate ai vecchi showrunner, Frank Darabont e Glenn Mazzara. Recensirò in rapida successione gli eventi, perché sento il bisogno di parlare a parte della trasformazione del protagonista dello show, l'uomo intorno al quale sta ruotando l'intero universo di The Walking Dead, e cioè l'ex-sceriffo Rick Grimes. In soldoni, i nostri eroi, intrappolati nel famoso vagone A di Terminus, vengono portati in una grossa stanza che fa da mattatoio, e rischiano seriamente di venire sgozzati (come succede a qualche tipo che li precede nell'ordine di esecuzione) fino a che un assalto disperato e portato avanti dalla rediviva Carol, insieme ad una perfetta e tempestiva invasione di uno sciame di erranti, porta il caos a Terminus.

Approfittando della situazione disperata, Rick e compagnia riescono a sfuggire ad una fine tragica e liberano tutti i loro amici, venendo fuori dalla trappola che i "Termiti" gli avevano organizzati con i loro cartelli e le segnalazioni che promettevano salvezza. Il gruppo si ricongiunge cos' non solo a Carol (che viene accolta con un pianto liberatorio e decisamente intenso dell'idolo del pubblico Daryl), ma anche a Ty ed alla piccola Judith, ridando inaspettatamente un momento di felicità a Papà Rick. Detto della trama, mi concentrerei su due flashback, posti uno all'inizio ed un altro alla fine dell'episodio: attraverso questa tecnica cinematografica decisamente versatile, facciamo infatti la conoscenza con i fantasmi degli abitanti di Terminus e del loro leader, Gareth: qui il gioco "giustificazionista" di The Walking Dead regge alla grande e regala, se non un alibi, quantomeno una motivazione all'atteggiamento spietato che, come abbiamo visto, ha portato il gruppo a prendere abitudini tutt'altro che raccomandabili (non ne abbiamo ancora la prova matematica, ma più indizi fanno decisamente pensare che a Terminus il cibo preferito sia la carne umana). Come verrà spiegato nel corso della puntata per bocca di Mary, la signora che abbiamo conosciuto mentre era intenta a gestire un barbecue e che scopriremo essere la mamma di Gareth, inizialmente a Terminus si prestava DAVVERO soccorso a chi ne aveva bisogno; ad un certo punto, però, un gruppo di sconosciuti ha fatto irruzione, ha ucciso e violentato gran parte degli abitanti ed ha costretto i superstiti, capeggiati proprio dal carismatico Gareth, a reagire con la forza ed a riconquistare il posto. Da quel momento in poi le cose sono cambiate, e la frase finale dello stesso Gareth ("O sei macellaio o sei bestiame") la dice lunga sulla nuova politica che era stata instaurata nel posto. Consci di questi fatti, possiamo finalmente dare un significato alla stanza del santuario: si tratta infatti di un luogo religioso solo in senso lato, il punto in cui convogliare non le proprie preghiere ma i propri sensi di colpa per un'esistenza dedicata ormai alla caccia e non più all'umanità, con delle scritte nemmeno troppo convincenti che spiegano le motivazioni delle crudeltà di Terminus ("Noi prima di tutto", "Non deve succedere mai più" e qualcosa di simile, mi pare). Chiarita in modo esaustivo sia l'ambientazione che le intenzioni che ne animano la popolazione, questo primo episodio della Season Five di The Walking Dead gioca a ribaltare i ruoli con una facilità disarmante, e ci mostra un Rick, salvato per miracolo dal ritorno decisivo della mai dimenticata Carol (qui in versione "donna con le palle", ribaltando come un calzino il ricordo delle prime stagioni, dove recitava alla perfezione la moglie picchiata e bistrattata dal marito grasso ed incivile), più cattivo che mai: il protagonista della serie è deciso non solo a scappare da Terminus, ma anche a finire uno ad uno tutti i suoi abitanti. In questo punto, andrò controcorrente e ne sono ben consapevole, The Walking Dead non mi convince più, o almeno non lo fa del tutto: lo sceriffo moralista e dalle perenni buone intenzioni delle prime stagioni NON PUO' ESISTERE PIU', e guai se ci fosse ancora, fino a qui siamo tutti concordi. D'altronde, gli sceneggiatori ci hanno dato evidenti motivi per giustificare il cambiamento di Rick: da unico fortunato che ritrova la famigliola sana e salva dopo l'apocalisse (con tanto di migliore amico a prendersene "eccessivamente" cura), nella Season One, abbiamo assistito al suo sprofondamento inesorabile nelle tenebre negli anni successivi: prima ha visto con i suoi occhi eventi in grado di togliere la speranza a chiunque (la morte di Sofia, la continua distruzione di ancore di salvezza come la fattoria), poi ha dovuto affrontare lutti insopportabili, da quello di sua moglie Lori alla morte, proprio per sua mano, dell'ex compagno fraterno Shane, con l'ultima, inaccettabile perdita di Hershel a coronare il tutto; a chiusura del quadro, Rick ha dovuto conoscere la cattiveria brutale delle persone, minaccia maggiore e (sempre a mio avviso) clamorosamente estremizzata in The Walking Dead, "materializzata" in un mondo devastato da figure che partono dal Governatore ed arrivano ai Termiti, passando per i predatori che volevano stuprare suo figlio. Tutto questo excursus, per quanto lungo, NON RIESCE COMUNQUE a convincermi nella trasformazione totale di Rick: il Rick della Season Two, per esempio, aveva già affrontato il dramma della cattiveria umana, ed aveva eccellentemente risposto arrivando non solo a far fuori con due colpi a freddo i tizi nel bar vicino la fattoria, ma addirittura contemplando l'esecuzione di un prigioniero innocente (pur di dare tranquillità alle "sue" persone) ed arrivando ad uccidere il suo migliore amico con un mind-game da vero infame. Quel Rick, per quanto divenuto decisamente "adeguato" al mondo di The Walking Dead, non aveva, però, perso mai la sua vera essenza, i suoi valori intrinseci, mentre il tipo che abbiamo davanti ora potrebbe essere tranquillamente paragonato allo Shane impazzito della Season Two: tanto valeva non allungare il polpettone, allora, e far sopravvivere lui, no? Perché QUESTO Rick non lascerebbe mai ad Hershel la SCELTA di cacciarli dalla fattoria, sempre nel corso della Seconda Stagione, e non permetterebbe mai alla gente del Governatore di andare a vivere nella "sua" prigione, nel finale della Terza. Eppure, se oggi il gruppo è ancora così folto ed è (soprattutto) ancora così vivo, qualcosa lo si dovrà pure agli altri, diamine! In questo The Walking Dead mi delude, e non riesco davvero a negarlo: la rappresentazione del mondo verso cui cerca di spingere è troppo bestiale, pur se uno tiene conto dell'eccezionalità e della tragicità della situazione, e la trasformazione del suo protagonista principale, in molti punti, mi sembra decisamente forzata, un qualcosa messo lì giusto per azzittire le critiche che vedevano il programma "troppo lento". Se Rick fosse stato da subito così "pronto" al mondo post-apocalisse, come lo si cerca di rappresentare ora, probabilmente nella Quinta Stagione ci si ritroverebbe con un gruppo formato solo da lui e dall'odioso figlioletto Carl, visto che gran parte dei personaggi principali ce li saremmo persi in giro per gli episodi, uccisi o abbandonati al loro destino da un leader insensibile e decisamente "vuoto" nelle ideologie e nei valori da portare avanti; questi possono essere secondiari alla sopravvivenza, e qui non ci piove, ma non possono nemmeno essere messi in un angoletto e dimenticati per tutto il proseguo dello show solo perché "il pubblico vuole il sangue e vuole un Rick cazzuto", se è vero che, come si era messo in chiaro nelle prime stagioni, The Walking Dead non è SOLO un action-show, ma anche uno spettacolo che vuole raccontare i percorsi di un gruppo che sceglie di "stare insieme" NONOSTANTE l'estremità della situazione. La tragicità e l'immensità del vecchio Rick, per chiudere, stavano proprio in questo: nell'arrivare a contemplare e ad eseguire gesti che nel suo modo di vivere mai avrebbe nemmeno immaginato, e proprio in questo il suo personaggio era così affascinante. Oggi Rick è più o meno come Shane e come Gareth, e hai voglia a cercare di mettere attenuanti e giustificazioni. "Preda e Cacciatore" rimane un buon episodio, interessante e decisamente ben sceneggiato, e lascia un hype altissimo dopo i titoli di coda, quando mostra l'arrivo sul posto del Morgan che avevamo lasciato, decisamente impazzito, nella Terza Stagione; pur confermando, quindi, tutti i miei dubbi e la mia perplessità nella direzione intrapresa per la descrizione del carattere del protagonista principale, non posso che alzare il pollice e sperare che la Season Five continui su questa strada.