"A place without loneliness" di Claudio Bianchi

“…Cosa sarà?
Che fa crescere gli alberi, la felicità

Che fa morire a vent'anni
Anche se vivi fino a cento…”

(dal brano musicale “Cosa sarà” – Dalla e De Gregori)

 

A volte i testi di alcune canzoni aprono le ali a diari di pensieri, umori e favole mentali, più o meno taciute. Si vedono scorrere momenti che vorremmo o abbiamo realmente vissuto. Si incrociano gioie e dolori.

 

Si esprimono i desideri. Cercare non mi è mai bastato…e questo mi ha sempre aiutata a sottrarmi al limbo dell’arresa, dove tutto è piatto. Tutto è banalmente facile. Perché l’esplorazione è qualcosa che, invece, mi rende libera, anche nella NON-scelta. Anche quando quel freno interiore sembra più forte di mille piedi sull’acceleratore.

Allora, cosa sarà? Che cos’è che può condizionare a tal punto la nostra vita da farci rinunciare o, al contrario, darci la spinta verso certe situazioni?

Forse la paura.

Sicuramente il coraggio.

Essere coraggiosi è una prova.  Se la paura ti immobilizza, il coraggio ti porta in trincea.

Ti fa “…cercare il giusto. Dove giustizia non c'è…”[1]

 

Qualche tempo fa ho avuto il piacere di conoscere Ilaria Cucchi. Quando l’ho incontrata, in un bar di Torpignattara, ho avuto l’impressione che fosse esattamente come l’avevo immaginata. Quella donna dalla faccia pulita si è trasformata in una paladina dei diritti, lasciandoci fantasticare su quei possibili esiti positivi che certe buone battaglie si portano dietro.

La forza di Ilaria è stata calvare i tempi moderni. Saper essere anche nella finzione di certi spazi.

Pensare alla Cucchi, mi fa sentire meno sola.

 

Nell’epoca dell’alfa privativo, dove tutto è in sottrazione, c’è un velo simbolico che unisce il reale all’apparente, in una dimensione di conscio e inconscio insieme, in cui, anche concetti così esteriormente dissimili assolvono ad un’unica urgenza. Sentirsi parte di qualcosa, è divenuto essenza della ricerca umana, implicando l’uso di ogni strumento disponibile (l’essere per apparire…, l’apparire per essere...) per collocarsi in quella estensione dell’io nell’altro e viceversa.

In questo dialettico ma sincronico equilibrio in cui si muove l’individualità, quello che spinge l’uomo verso l’impossibile è proprio la possibilità che accada qualcosa. Non sappiamo quanto grande o generosa sia, ma basta per averci provato.

Probabilmente lo spirito di Ilaria Cucchi è stato proprio nella ricerca di quell’impossibile che ha trovato il suo posso nella dilatazione di una tragedia personale al plurale. Aver condiviso un dolore e averlo portato all’estremo, esasperandone la sofferenza (foto, interviste pubbliche…), ha creato un dolore pandemico, in cui sentire e, quindi, il “sentirsi parte di” ha colmato il vuoto esistenziale che affligge l’essere umano.

Allora quelle gabbie dell’apparire hanno trovato finalmente espiazione nel restare connessi, anche per esserlo nella vita reale, quando “…la bottiglia che ti ubriaca anche se non l'hai bevuta…”[2], aiuta, forse, ad esserci per davvero…

A non sentirsi più soli.

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[1] Frase del brano musicale “Cosa sarà” – Dalla e De Gregori

[2] Frase del brano musicale “Cosa sarà” – Dalla e De Gregori