Siamo, ordunque, giunti alla fine anche di questa veloce analisi (veloce per modo di dire perché c’abbiamo messo due settimane) della nostra amata Serie A. Com’è cambiata? Dov’è cambiata? Perché è cambiata? E soprattutto: perché Ciccio Brienza è ancora tra di noi? Ecco a voi le ultime quattro.

SASSUOLO – Approdato tre anni fa in Serie A con la stessa credibilità che ha oggi il Carpi, e la stessa sicurezza di riscendere immediatamente, la società emiliana, tra tortellini e appalti edili molto dubbi, si è per adesso difesa sempre con i denti e i Magnanelli.

In panchina Di Francesco lo odiano un po’ tutti ma se lo tengono, legato com’è ai neroverdi da una maledizione di vecchia data che gli lanciò Alenitchev ai tempi della Roma: “Allenerai con dolore!” disse il russo. Così è ma per il momento si tiene la panchina e la nomea di “ allenatore giovane che fa giocare bene le proprie squadre”: in verità è anche lui schiavo del più falso dei 4-3-3 e di un catenaccio e ripartenza che farebbe impallidire Nedo Sonetti. Comunque il buon Squinzi ha pensato che per la porta era tutto a posto, senza in effetti sbagliare, perché Consigli è sempre dispensatore di ottimi consigli. In difesa segnatevi il nome di Fontanesi: l’hanno definito il “nuovo Nesta”. Urge però una correzione: se Romagnoli è il nuovo Nesta, Fontanesi, per proprietà transitiva, diventa automaticamente il nuovo Romagnoli. In mezzo al campo, salutato Taider con pianti e brindisi a base di SuperSenzapiombo, vengono accolti Duncan, eterno erede di Badu (sono identici) ma per ora ancora inespresso, e Pellegrini che francamente non ha mai giocato in Serie A ma a Roma dicevano tutti fosse fenomenale, risultato: a titolo definitivo al Sassuolo per 1 milione di euro. In avanti grande arrivo quello di Defrel, cercato da mezza Italia dopo l’anno strabiliante a Cesena in cui ha raggiunto benissimo la retrocessione: il francese se la deve vddere però con Falcinelli, ex Perugia, che ha la coltellata facile. Occhio Gregoire. VOTO: “ Subappaltati”

TORINO – Il Toro è da sempre squadra di tradizione, termine che di per sé non vuol dire niente ma che fa figo. Club storico, primo club di Torino, ora sotto la guida di un simpatico pubblicitario di nome Cairo. La vera guida però sta in panchina, ha la faccia di un protagonista di “Vacanze di Natale” targato Vanzina, l’abbronzatura del peggior Jerry Calà e la simpatia di Ratzinger durante un giorno in cui gli giravano alquanto le scatole: Ventura, al di là di tutto è una specie di guru sceso in terra dalle parti di Porta Nuova & co. E’ riuscito nell’impresa di far segnare 20 gol a Immobile, doveva abbandonare subito dopo: non raggiungerà mai più certi livelli. Per difendere i pali ha stranamente abbandonato l’idea di riprovare a portare Gillet in Serie A, inconcepibile. Spazio a Padelli, che con la mascella potrebbe parare qualsiasi cosa, e dietro Ichazo e Castellazzi premono come matti per starsene in panchina tutta la vita. In difesa pochi cambi se non contiamo i terzini che poi Ventura fa giocare da attaccanti esterni: dentro Zappacosta, uno che a Bergamo ha lasciato frotte di ragazze in lacrime, e Avelar, uno che a Cagliari ha lasciato frotte di debiti di gioco. In mezzo al campo ottimo il colpo Baselli, che una volta risolti i problemi relativi all’esame di maturità diventerà quasi sicuramente il più forte centrocampista italiano dietro a Sturaro. L’acquisto di Obi lascia perplessi in molti: Obi è sempre stato scarsissimo. In avanti il solito Quagliarella guida la brigata dei giovani amaranto composta poi da Amauri e Maxi Lopez: Belotti è stato comprato per coprire affari di losca origine col caro Zamparini. VOTO “San Giampiero”

UDINESE – Udine è una città che vive di calcio, respira calcio, è malata di calcio. Il Friuli, con i suoi mille fedelissimi tifosi, è probabilmente lo stadio più caldo del Friuli Venezia Giulia. Si capisce quindi, che quando si ha a che fare con tifoserie così passionali, non si possono sbagliare due anni di fila. “Strama Bene-bene” è un ricordo lontano: basta inesperienza e approssimazione, adesso si fa sul serio. Si punta all’Europa che conta, quella con la Y maiuscola. Colantuono è il profilo perfetto: implicato nel calcio scommesse, romano, calvo. Non ha difetti. E nelle sue mani una squadra di sicurezze e giocatori esperti, nel fiore degli anni e pronti a tutto. A partire da Karnezis che verrà affiancato dall’immortale Kelava(?) e il fantasmagorico Romo (?), che tutti voi ricorderete per la vittoria di quella volta in cui fece quelle cose incredibili. Come ogni anno poi, per difesa centrocampo e attacco, una vagonata di ragazzini di cui non si sa praticamente nulla, neanche le date di nascita. Tesserati tutti sotto il nome di Di Natale perché di buon auspicio. In difesa quindi spazio a Del Belo(?), Neuton(?), Wague(?). Caso a parte è il grande Ali Adnan, primo iraqeno ad arrivare nel campionato italiano: la sua esplosione(calcistica) è assicurata. In mezzo al campo da non disdegnare il talento di Iturra, che dal nome ricorda Iturbe ma è addirittura peggio, e l’approdo in fatto di esperienza che può dare Marquinho: arriva da due anni in giro per l’Arabia Saudita, diviso tra colpi scelti dell’Isis e servizi segreti libici. In avanti ci sono i soliti da anni, e stiamo parlando proprio di Totò, ma l’acquisto di Zapata porta una boccata d’aria fresca non da poco. Soprattutto una boccata d’ossigeno a Di Natale che vuole mollare da almeno dieci anni ma ogni estate viene rapito. VOTO – “Udine non perdona”

VERONA – Ah che dolce aria si respira a Verona. Lì dove il razzismo è all’ordine del giorno e l’ignoranza dilaga, soprattutto sponda Hellas (anche perché il Chievo non lo tifa neanche Campedelli) , il mio “io” si ritrova con il mio “super io” in un tripudio di gioia. Perché il Bentegodi, quando si riempie di veronesi accaniti come una selva di cani su una bistecca di daino, è veramente uno spettacolo di realtà umana pesante.

E non potrà mai guidare nessuno questa schiera di dottori in filosofia se non il prode Mandorlini, occhi azzurri di crudeltà e frustino nella mano destra. L’Hellas è una magia d’intenti, un connubio stellare di positività,una squadra che ricorda vagamente il paradiso terrestre. Fattosta che, stranamente, nonostante questo la odiano quasi tutti (ma chissà perché dico io!) e ogni anno il prode “Mando” si ritrova a lottare da solo contro tutti. Mannaggia mannaggia, che sfortunella sfacciata. Per l’ennesimo anno di guerra santa è ripartito in porta da quel Rafael che sembra più un ragazzo sul ciglio di un collasso polmonare che un giocatore vero e proprio: occhiaie ormai datate, occhi di fuori, muscoli praticamente nulli e abilità nel parare pari a quelle di Di Natale in grammatica italiana. In difesa grande scommessa Souprayen, terzino francese che per ora ha giocato solo nella Ligue2, Helander, un vichingo mancato, e Winck, Winck è Winck e basta.

In mezzo intorno alla mente Hallfredsson gli unici volti nuovi sono quello di Viviani, che ha passato gli ultimi anni a salvare da solo tutto il Latina in Serie B, e Wszolek che dicono giocasse alla Samp ma per ora non ne ha data alcuna prova. In avanti poi nostalgico ricongiungimento di Toni e Pazzini, due che non hanno assolutamente le stesse caratteristiche: Pazzini giocherà da ala. Ma il vero talento è quel Siligardi che ha un sinistro d’oro e una testa che neanche un bambino di seconda elementare. VOTO – “ QuantocipiaceilVerona!”