Sembrano lontani i tempi in cui media e tifosi rossoneri esaltavano Fassone e Mirabelli per l'acquisto di Bonucci.
Arrivo in pompa magna, con l'assegnazione della fascia di capitano e la scelta di indossare il numero 19 con annessa polemica e diatriba con Kessiè. Dopo appena 9 giornate il difensore ex-Juve già è stato crocifisso e preso come capro espiatorio dei risultati negativi del Milan. Iniziamo a spolverare diversi antri della nostra mente ed analizziamo con raziocinio la situazione del difensore centrale. Fin da subito si è puntato il dito sul ragazzo, reo di aver "tradito" la Vecchia Signora con il Diavolo.
I calciatori sono sì professionisti, ma in fondo sono anche un po' bambini (come tutti noi) ed allora perchè non poteva essere libero di indossare i colori per cui tifava da ragazzo? Un'altra questione concerne il suo carisma: quanto è facile passare da una societá vincente che continua a vincere da anni in un sistema per rodato come la Juve, ad un grande club blasonato che vive da tempo anno bui? I risultati del Milan non dipendono esclusivamente da Bonucci, ma principalmente dalla società che ha fatto un mercato alla rinfusa acquistando fior fior di giocatori ma poco funzionali al gioco di Montella (altro imputato ingiustamente di questo tracollo). Ma si può parlare di fallimento e di crisi giá dalla nona giornata? Assolutamente no. L'espulsione per la gomitata data a Rosi è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Giù insulti e critiche, ma siamo sicuri della volontà del numero 19 rossonero di far male al giocatore del Grifone? Anche qui la risposta è negativa, appare chiaro dalle immagini la volontà di "Leo" di prendere posizione a svantaggio dell'avversario, seppur in maniera poco consona. Bonucci sposta gli equilibri? La risposta la otterremo a fine campionato, di certo è in grado di spostare i giudizi e la coerenza di molti addetti ai lavori.
Non è facile attestarsi su altissimi livelli per diverse stagioni come fanno Ronaldo, Messi e Ramos. Lasciamo, dunque, lavorare tranquillo Bonucci e soprattutto iniziamo ad intendere il calcio come uno sport e trattarlo con l'adeguata serietá e leggerezza. Non è una guerra è un gioco. Bonny non è un soldato, ma un atleta. Siamo consci delle sue spalle larghe, in fondo ha vinto battaglie più importanti fuori dal campo. Si rimboccherá le maniche e tornerà ad essere quel muro difensivo che tutti conosciamo. Tempo al tempo.