Roma - Mai un cantiere, e la chiusura di una strada per i lavori della risistemazione delle condutture Italgas, nel cuore di un rione storico di Roma, rione Monti e più precisamente in Via Urbana, è stato (laicamente) benedetto e accolto da residenti e commercianti (nel caso specifico maggioritari) come foriero di una ‘vecchia ed antica’ concezione della socialità nella Capitale, così come allo stesso modo è stato rifiutato e, a volte, anche maledetto da un’altra parte di residenti e commercianti (nello stesso caso specifico minoritari) e considerato come una forte minaccia alla ‘modernità’. Ma cos’è che in questa via è considerato ‘vecchio ed antico’ e cosa è invece inteso per ‘moderno’?

Vecchio ed antico è la possibilità di intessere relazioni sociali, di scambio, di condivisione di esperienze tra abitanti di uno stesso luogo, al momento di un piccolo angolo, all’interno di una grande città, o meglio di una metropoli, perché questo è Roma nel 2015; vecchio ed antico è assicurare la possibilità a grandi e piccini, a persone con disabilità di ogni genere e grado ed a persone sane, di poter camminare tranquillamente per questo piccolo tratto della Suburra senza il reale pericolo di esser falciati o investiti da quattro ruote motorizzate; vecchio ed antico è poter respirare per soli 5 minuti (il tempo necessario a percorrere la via oggetto della tenzone) un’aria un po’ più salubre di quella che si respira nelle altre parti della città per il resto delle 23 ore e 55 minuti che compongono la giornata. Ma vecchio ed antico è anche dare la possibilità ad artigiani e commercianti di poter lavorare; vecchio ed antico è concedere uno spazio libero in cui i bambini possano giocare a divertirsi per strada, e non davanti uno schermo o una consolle: in pratica ‘vecchio ed antico’ è la richiesta di vivere, e in questo caso è proprio il caso di dire di vivere urbanamente.

E cosa è ‘moderno’? Moderno è la possibilità di scorrazzare su cavalli artificiali non curandosi delle persone; moderno è aver paura di socializzare; moderno è nascondere tale paura dietro il termine movida; moderno è preferire, come colonna sonora delle proprie giornate, rumori ‘ferrosi’ e artificiali prodotti da auto furgoni e motorini al brusio del dialogo tra esseri umani; moderno è delegare ogni proprio spostamento ad una scatola di latta, con il naturale e consequenziale detrimento della salute fisica e mentale (e purtroppo non solo della propria…); moderno è dare per assodato ed incontrovertibile uno status quo dimostratosi fallimentare in gran parte delle metropoli del globo terracqueo. Ma moderno è anche rendere immutabili le condizioni per cui vecchie professioni artigiane percorrano la strada della definitiva scomparsa, e non modificarle per dare alle stesse una speranza di sopravvivenza; moderno è conoscere le persone e la realtà che ci circondano attraverso uno schermo o una pagina di giornale e non attraverso lo scambio, il contatto, con i propri simili, ed in questo caso, con i propri vicini; moderno è ridurre la propria giornata alla pochezza delle relazioni professionali e lavorative che la sociologia moderna ci ha quasi sempre descritto come relazioni ‘interessate, distorte dall’ambizione’; moderno è ridurre gran parte della propria esistenza al grigiore del monossido di carbonio prodotto dalla propria autovettura usata per andare al lavoro, o magari in palestra o a fare la spesa; ma moderno è, soprattutto, poter parcheggiare la propria scatola viaggiante sotto il portone di casa.

E così a Roma, anzi, in via Urbana si fronteggiano il ‘vecchio ed antico’ ed il ‘moderno’: il vecchio proponendo la pedonalizzazione di circa 200 metri di strada quale strumento di promozione di sana socialità, di cittadinanza partecipativa oltre che di riappropriazione territoriale, ed il moderno opponendosi a tale prospettiva presentandola come sicura genesi di ulteriore disagio sociale, se non addirittura come prodromica di una deriva ‘delinquenziale’ del rione: è bene però dire che se fino ad ora si è avuto prova della riacquistata vitalità della via, non se ne è avuta della paventata, e prospettata come certa, decadenza. Negli ultimi due mesi le parti si sono confrontate, a volte civilmente e a volte oltrepassando la soglia della decenza: per la mera cronaca è necessario sottolineare che i colpi bassi (accuse infondate, illazioni, atti vandalici, scorrettezze anche ‘istituzionali’) sono stati unilaterali e non hanno prodotto reazioni simili dalla controparte, ed è inutile, quanto assolutamente intuibile, sottolineare quale delle due parti è intervenuta a gamba tesa. Ora la questione tutta è nelle mani dell’amministrazione cittadina, che, dopo la presentazione di 1200 firme da parte del comitato pro-pedonalizzazione, e di circa la metà dal comitato contrario alla stessa, nel frattempo si è vista recapitare da comitati spontanei nati nelle vie adiacenti a via Urbana (Via Panisperna, Via Madonna dei Monti) analoghe richieste di pedonalizzazione, segno che questa idea non sa di vecchio e antico, ma che porta in luce una prospettiva ‘nuova’ nel tessuto della nostra città. L’analisi delle proposte – paletti parapedonali su entrambi i lati, paletti parapedonali su un lato della strada e sosta consentita dall’altro, pedonalizzazione - è ora al vaglio del I° Municipio, ed entro il 15 marzo il Sindaco Ignazio Marino si dovrà pronunciare in merito. Non possiamo conoscere l’esito finale del confronto, ad oggi però, con certezza, possiamo dire che una nuova idea di vita cittadina, Urbana come dicevo in precedenza, e soprattutto la sua possibile realizzazione, si è diffusa non solo tra i ristretti confini del rione, ma ha preso piede in tutta l’Urbe.