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Altra sessione di mercato che sta per concludersi e altre cifre pazzesche da inserire negli albi di tutti i tempi: la rincorsa ai record e ai “mister 100 milioni”.

Cedric Mabwati è un nome che dice molto poco a tanti, anzi, a voler essere pessimisti, non dirà un bel niente a nessuno. E pensare che circa un anno fa, questo ventunenne congolese faceva impazzire il Real Madrid alla prima di campionato, facendo su e giù sulla fascia ininterrottamente e fornendo l’assist del momentaneo vantaggio del Betis Siviglia. Storia normale, una come tante, se non fosse che il Betis, il signor Mabwati, lo avesse pagato, un paio di mesi prima, solamente un euro e venti centesimi.

Ecco che la storia diventa folle: una clausola rescissoria ridicola, simbolica, che a Siviglia hanno sfruttato ben volentieri per strappare il giovane africano alle meno affascinanti grinfie del Numancia, squadra di Segunda Division spagnola. Quel giorno, al Bernabeu, non era ancora arrivato un certo Gareth Bale, mister cento milioni, altrimenti lo scontro sarebbe stato affascinante: forse, se il destino davvero avesse avuto ironia, avrebbe anche permesso a Cedric di dribblare l’astro gallese un paio di volte, giusto per legittimare il fatto che un giocatore non è mai ciò che lo paghi. Eppure ormai, dal passaggio di Cristiano Ronaldo alle “merengues”, del 2009, pare che l’obiettivo comune dei grandi club europei non sia più tanto assicurarsi di acquistare calciatori funzionali ad un progetto, ad un tipo di calcio o a una filosofia societaria, quanto avvicinarsi il più possibile a quella “quota 100” che tanto impressiona. E ad aprire la fila, a comandare il gruppo, non poteva certo che esserci il Real Madrid, che dopo il portoghese replica con Bale raggiungendo addirittura la cifra tonda, esclusi ingaggi e bonus: al Tottenham ancora li stanno contando, magari mancasse qualcosa.

E quest’anno? Kroos, James Rodriguez, roba da cento e passa, col povero Keylor Navas che si sente piccolo piccolo a fronte dei dieci milioni spesi per averlo dal Levante. E rimanendo in Spagna, anzi proprio a Madrid: il Cholo si sfrega le mani e con i soldi di Diego Costa e Felipe Luis ricrea una corazzata niente male: Mandzukic e Griezmann sono acquisti intelligenti e neanche troppo dispendiosi se inseriti nel quadro europeo.A quanto pare qualcuno che fa un mercato intelligente c’è ancora.

E il Barcellona? Suarez è questione, si dice, da 75 milioni di euro con contratto da 13 milioni annui (chissà se chiederà anche lui qualche adeguamento a fine anno?) per ben cinque anni. Vi aiuto io, l’investimento totale si aggira sui 140 milioni di euro. In più non bisogna dimenticare l’acquisto di Rakitic, Vermaelen, Mathieu e per ultimo Douglas (appena arrivato): un mercato che sforerebbe i duecento milioni se non si fosse sacrificata qualche pedina importante, vedi Fabregas e Sanchez. Altri due che se ne vanno a cercar fortuna, o rinascita, nell’amata Inghilterra. Un’Inghilterra che cerca disperatamente di risalire alla ribalta, spodestando le tante odiate Spagna e Germania, e lo fa a suon di milioni. A Liverpool hanno deciso di riutilizzare completamente il tesoretto Suarez: dentro Markovic, Lovren, Lambert, Can, Lallana ,Moreno, Balotelli. Mercato faraonico nel Merseyside, dov’è tornata aria di vittorie. Intanto, almeno loro, non hanno ancora speso più di quanto hanno incassato.

Cosa che a Londra, sponda Arsenal e Chelsea, e a Manchester, tutte e due le sponde, appare cosa complicata: i Blues di Mourinho hanno sforato quota 100 milioni solo con l’arrivo di Diego Costa e Cesc Fabregas. Felipe Luis, Drogba e Zouma sono operazioni di contorno che da noi sarebbero piatto principale. I Gunners con Sanchez, Debuchy, Chambers e Ospina si piazzano ancora un gradino sotto nella “competizione delle spese folli”, ma occhio agli “ultimi giorni di Wenger”: l’alsaziano nelle ultime ore di mercato di solito perde il controllo.

A Manchester quest’anno qualcuno ha sostenuto che il City, anche a causa delle stangate del FairPlay finanziario di Platini, ha sostenuto un “mercato tranquillo”: per “tranquillo” s’intendono 55 milioni di euro, di solo trasferimento, spesi per Mangala e Fernando. E poi c’è chi dice che da noi non c’è la crisi. Sponda United, tante parole e poco di più, soprattutto osservando l’inizio dei Red Devils in campionato e Coppa di Lega: la benedizione Adidas, da “cento milioni di euro a stagione”, ha portato a Manchester Ander Herrera e Di Maria, Rojo e Shaw. Alla squadra di Van Gaal molto probabilmente, visto che ancora il mercato è aperto, andrà lo scettro di “Regina delle Spese Pazze”: 180 milioni di euro solo per quattro trasferimenti e incassi, dai movimenti in uscita, che si contano nell’ordine delle migliaia di sterline. Insomma a dir poco un mercato a perdere. Solo Angel Di Maria, facendo un calcolo approssimativo comprensivo di stipendio, è costato 120 milioni di euro: e noi gli diamo il benvenuto nella grande famiglia dei “Mister 100”.

E per forza di cose si passa in Francia, la strada è breve, dove tutta la baraonda sembra aver avuto inizio.

Con una zampata lesta infatti, prima del Mondiale brasiliano, il Psg si assicurava le prestazioni sportive di un certo David Luiz, abile centrale del Chelsea, alla folle cifra di 60 milioni di euro. Qualcuno ancora stenta a crederci perché una volta, tanto tempo fa, i centrali di difesa non li pagavi neanche la metà di un attaccante. Ma i tempi cambiano e le proporzioni cambiano, e a quanto pare anche le mode: insieme ai “selfie” e ai “tweet” dobbiamo, per fortuna o purtroppo, annoverare anche la nuova ricerca della “Spesa più folle”. Se non altro, anche se non è servito a far vincere questo ambito premio agli insaziabili sceicchi parigini, lo spostamento del centrale brasiliano ha segnato l’inizio di un mercato folle, senza regole, che vive di emozioni cifre fuori da ogni logica. Una ricerca folle ed infinita del colpo ad effetto, dello “One Man Show” che più che altro serve a vendere portachiavi e magliette: chiedete a Florentino Perez se l’aver venduto 45 milioni di euro di magliette numero 10 con su scritto “James Rodriguez” in soli tre giorni sia stato o meno un ottimo motivo per investire sul colombiano quasi il doppio.

Insomma ormai sembra che chi non tocca quota cento, gonfiando anche con stipendi lordi da capogiro, sia un po’ fuori dai giochi.E poco importa che Atletico Madrid, finalista in Champion lo scorso anno, e Borussia Dortmund, finalista di due anni fa, abbiano cercato di far capire al mondo che spendere tanto non equivale sempre ad essere il migliore.Perchè? Perché alla fine hanno perso, realtà dura ma obiettiva. Magari, se Klopp avesse alzato la coppa dalle grande orecchie o Simeone avesse sbattuto in faccia alle Merengues la tanta agognata “Decìma” ora vivremmo un'altra epoca. Ma questa è l’epoca di David Luiz che vale sessanta milioni.Di mercati trasferimenti da duecento milioni.Di sponsorizzazioni da un miliardo di euro in dieci anni.Di una Serie A che vivacchia tra ottime prospettive e realtà legate ad un predominio che non abbiamo più da anni.Che ci piaccia o no, e magari ci può anche piacere.

Sarebbe piaciuto di sicuro al Numancia che, vendendo Cedric Mabwati, voleva comprarsi più di un semplice caffè.