Siamo nell'estate del 2017 e la Roma è alla ricerca di un terzino sinistro, dall'epoca “post Riise” nessun acquisto è riuscito ad essere determinante in quella zona del campo.

Il Manchester City mette in vendita Aleksander Kolarov, dopo 165 presenze ed 11 reti. L'occasione è ghiotta, anche se il suo passato laziale rende complicata un'operazione calcisticamente corretta. I tifosi scalpitano, non si vuole ripetere un altro Manfredonia ma la società è caparbia e mette a segno il colpo per la corsia sinistra. Con la squadra capitolina instaura subito un rapporto di amore-odio, il gol al derby sembra essere la consacrazione di chi da sempre ha tatuato addosso i colori romani ed invece...

I dissidi continuano, il terzino incolpa i tifosi di parlare troppo e di non capire appieno il gioco del calcio. Mai reo di colpe, non riesce ad interagire con chi lo sostiene e la presunzione dei suoi mezzi lo ha portato ad essere odiato da entrambe le parti del Tevere. Ultimo episodio, Venerdì sera dopo la debacle contro i felsinei. Partita assurda della Roma, i fischi sono solamente il riassunto di chi ha il diritto di dissentire. Kolarov si gira ed applaude in maniera ironica la tribuna. E' un tripudio di fischi, è il preambolo dell'odio pure. Un ex-giocatore biancoceleste che era riuscito ad entrare nel cuore dei tifosi, ne è uscito volendo fare il protagonista pur non avendo portato benefici alla rosa. Il rapporto, ormai, è compromesso proprio nella stagione (l'ennesima) della rinascita, o così sembrava.