Scritto da Bruno Bertucci

A San Siro, sponda rossonera, la panchina del Diavolo da anni sembra essere cosparsa di benzina.

Nell’era post-Allegri, qualunque tecnico si presta a guidare la compagine lombarda ha fatto solamente figuracce. Il primo a provare l’impresa è stato Seedorf, mister inesperto che ha vinto la metà delle partite disputate (un po’ pochine per chi è stato il club più titolato al mondo). E’ la volta di Inzaghi che ha toccato uno dei punti più bassi della sua carriera, conquistando appena il 35% delle vittorie. Mihajlovic torna alla statistica dell’olandese, donando però un carattere arcigno alla squadra.

Tutto questo non basta per rimanere agganciato a Milano e per questo al suo posto arriva Montella, 514 i giorni all’ombra della Madonnina ed 1 trofeo, l’unico in questi anni bui. E’ il turno di Gattuso, amato dalla gente e seguito dai giocatori ma gli scarsi risultati agonistici fanno sì che si dividano le strade per intraprendere una nuova scommessa: Giampaolo. L’allenatore ex-Samp è atterrato alla Scala del Calcio con gli onori della stampa, i blucerchiati lo scorso anno praticavano del buon calcio. Esonerato anche lui. Ennesima scelta societaria, forse sbagliata per il suo passato, la piazza non perdona la fede interista di Pioli. Il problema, ovviamente, non è di tutti questi tecnici ma di una società incapace di far ripartire un progetto che sembra imploso su se stesso. Piatek preferito a Cutrone è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso, perché la linea azzurra sembrava quella giusta e forse lo era.

Al Milan servirebbe un allenatore in grado di cambiare radicalmente la mentalità e ripartire, piano piano, come se si stesse parlando di una società di medie dimensioni. Gli anni d’oro sono finiti ma possono ricominciare presto. Quello che è certo è che la panchina al Meazza scotta… e anche tanto.

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