Scritto da Bruno Bertucci
Foto: SKY Sport

Sembrano ormai avviarsi verso il tramonto i tempi in cui i vessilli delle compagini calcistiche venivano sventolate dai giocatori più rappresentativi.

La squadra di calcio era solo un pretesto per difendere i confini cittadini. Oggi giorno, però, il futebal viene considerato un mero lavoro e come tale gli atleti mettono al primo posto la propria esperienza lavorativa. Che sia corretto o meno non spetta a noi dirlo, la moralità non è affar di moneta o del Dio Denaro. L'errore è di chi prende come esempio i calciatori ed il loro stile di vita o di chi associa una squadra ad uno di loro. Modelli sbagliati o non modelli?! Modello Manolas: chi cambia società pensando alla propria carriera... anche se il pallone ha bisogno di altro.

La gente è stufa dei vari Ibrahimovic, pronti a far soffiare il vento in ogni dove pur di aggiungere zeri al conto corrente. Il tutto è lavoro, ma è pur sempre il fattore emozionale che traina questo settore. La passione prima del denaro, il bel gioco prima degli sponsor. "Non per soldi ma per amore del gioco", impossibile ai giorni nostri... Siamo un po' provocatori: togliamo i nomi da dietro le magliette, rotorniamo ai numeri dall'1 all'11 per gli 11 titolari e re-inseriamo veramente i colori sociali sulle maglie. Il calcio vintage è quello che ancora piace, il football marketing è ciò che ci vendono... 

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