Intervistare Barbara Amodio è come stappare una bottiglia di spumante.

Colpisce per il suo entusiasmo e la sua effervescenza. E’ questa la suggestione che ha trasmesso durante la II edizione di “Strenne piccanti”, la domenica dedicata al peperoncino ed alla Calabria. Nella stessa occasione ha dimostrato di essere un’ attrice eclettica, sulla scena il suo corpo si muove in sintonia con la voce. Essa, a seconda della parte da recitare, passa da toni appassionati e decisi ad altri bassi e drammatici, senza dimenticare i tempi giusti delle pause.

Si tratta di capacità necessarie per poter interpretare personaggi con una personalità complessa come quello che porterà in scena tra breve: “I digiuni di Catarina da Siena”. E’ un’opera teatrale commissionata a Dacia Maraini in occasione del Giubileo del 2000, ha avuto un grande successo che continua ancora oggi e che viene ripresentata in occasione del Giubileo della Misericordia. La piece sarà rappresentata dal 18 al 20 dicembre al Teatro Arcobaleno, via Francesco Redi, 1 (zona Nomentana/Porta Pia). La trama dell’opera non è agiografica o teologica, prescinde da una idealizzazione religiosa.

Abbiamo chiesto a Barbara Amodio qual’ è il fine dell’opera ed il perché del titolo. “Dacia Maraini ha inteso tracciare un profilo della Santa compatrona d’Italia e d’Europa basandosi su una rigorosa ricerca documentale. All’interno del testo teatrale vi sono, infatti, anche due lettere autografe. Sono stati presi in considerazione soprattutto gli ultimi anni, quelli in cui il suo misticismo ha raggiunto i livelli più alti. Per questo Santa Caterina ha iniziato  a digiunare, per raggiungere un livello di perfezione e di purezza che le permettesse di evitare qualsiasi tipo di contaminazione". Qual è la differenza con l’attuale anoressia? "Innanzitutto le motivazioni, esse non erano quelle legate alla bellezza, alla ricerca estetica di un modello di top model come per le ragazze di oggi. La spiritualità di Santa Caterina rispecchiava quella della sua epoca, la prima metà del 1300, in cui vi era un bisogno di essenzialità, di sfrondamento da ogni orpello mondano, per ricercare l’unico vero bene, Cristo, solo a Lui bisognava concedere l’anima". E’ quindi fondamentale l’aspetto psicologico? "Certo. Dacia Maraini ritiene che, anche nelle persone anoressiche di oggi vi sia un forte bisogno di spiritualità inconscio, un forte desiderio di purificazione". Come viene espresso nella rappresentazione il rapporto della Santa con Dio? "Attraverso i dialoghi tra lei ed il suo scrivano Frate Neri. In essi, da un lato, vi è la tensione verso la purezza, l’attenzione a non farsi contaminare della mistica; dall’altro vi è l’umanità dello scrivano che non riesce a imitarla fino in fondo anzi, la spinge in direzione contraria almeno per garantirsi la sopravvivenza". Cosa ti ha colpita di più di Santa Caterina? "La sua grande forza interiore, la sua grande capacità di farsi interlocutrice sia del popolo minuto che dei potenti". E’ stato difficile immedesimarsi nel personaggio? "E’ stata la mia parte più dura come attrice. All’inizio ho avuto molte resistenze perché è stata una donna che contrasta con il mio modo di esserlo. Poi, nel tempo, ho capito ed apprezzato la sua forza e la sua capacità di essere interlocutrice e mediatrice, caratteristiche difficili anche per noi contemporanee".