Scritto da Antonio Bartalotta
Foto: Tiziana Lusso

Al Teatro dei Conciatori una prima assoluta: “Fermata Paradiso”, uno spettacolo da non perdere, in scena fino al 29 maggio. Da un’idea di Romano Talevi, che è anche uno dei protagonisti. A far compagnia al bravo attore romano sul palcoscenico Rita Pasqualoni e Federico Melis. Regia di Barbara Amodio.

Una strana, ma piacevole sensazione attanaglia lo spettatore per tutto il tempo della rappresentazione, quella di sentirsi “spettatore non spettatore” o meglio, parte integrante dello spettacolo, in duplice veste. Gli spettatori sono fantasmi come lo sono gli attori che si rianimano ogni novembre, in occasione della ricorrenza della tragedia.

Due corpi a terra rappresentano quel giorno funesto nel quale un’azione terroristica, in un teatro parigino, come una “Tempesta” spazzò via in un attimo, ancor prima di dare inizio allo spettacolo, la vita di spettatori e attori insieme a quella dell’arte e della passione per il Teatro. La voce narrante (Federico Melis, fantastica la sua interpretazione) è un’entità portante dello spettacolo e fantasma lui stesso, ma ha una particolarità, quella di racchiudere l’arte dei due attori in se stesso e di farne uscire un’altra parte importante dalla memoria conservata a dovere in valigie piene di polvere che simboleggiano ciò che avrebbe dovuto essere, ma che non è mai stato. A volte è in sintonia con loro, a volte sogna per loro, a volte si estranea, si sdoppia, si triplica e diventa spettatore anche di se stesso. Il prologo è da non perdere. In esso l’essenza dello spettacolo che la regista Barbara Amodio, con grande maestria,  ha voluto preservare come impronta iniziale dello spettacolo, alla fine se ne coglierà l’intento e nell’immagine finale si completerà la magia fino a far provare i brividi allo spettatore che, grazie a tale sensazione, si staccherà definitivamente dal copione per essere solo compiaciuto di aver assistito ad uno spettacolo teatrale di rara bellezza.

A prima vista, la scenografia appare molto essenziale, ma col protrarsi dello spettacolo si riempie di ogni cosa! Fiori, costumi, cappelli, carte da gioco, tovaglie, bicchieri, piatti, lenzuola, foulard, pailletes…arte! Dalle valigie grigie e piene di polvere escono le caratteristiche artistiche dei due attori protagonisti di uno spettacolo che non si è mai svolto, ma che si svolge ogni anno proprio in quel dannato giorno di novembre.

Gilda (Rita Pasqualoni, magnifica la sua interpretazione e dizione dialettale perfetta) e Nando (Romano Talevi, interpretazione magistrale la sua e autore di un'idea geniale), moglie e marito, convocati per una audizione, si ritrovano rinchiusi in un Teatro allocato in un posto indefinito e indefinibile, anche se sorpresi ed anche un po’ impauriti, continuano a dar vita allo spettacolo come se nulla fosse accaduto. Chiedono applausi per la loro performance, a volte li sentono a volte no…la loro versatilità artistica è messa in mostra per tutta la durata della rappresentazione. Avanspettacolo, varietà, rivista, ribalta, canto, recitazione, poesia, monologhi, ma anche, o soprattutto, un forsennato amore che li coinvolge per il Teatro. I due attori pervadono l’atmosfera, tagliano l’aria, attraverso incantevoli dialoghi, in più di qualche frangente, in stile volutamente surreale. Spaziano dalla voglia di espressione della romanità più bella a Shakespeare, a Ionesco, a Petrolini. Nando diventa Riccardo III, Macbeth, Amleto, Gastone, mentre Gilda assume vesti e sembianze sempre diverse attraverso veloci cambiamenti di costume e di recitazione, molto apprezzate dallo spettatore (o attore lui stesso?) le sue espressioni in romanesco e i riferimenti ad Edith Piaf con “La vie en rose” ed al teatro francese. Musica, fantasia, sogno, realtà, magia…tutto si miscela e diventa arte.

L’avvenimento terroristico è ciò che fa partire lo spettacolo che, paradossalmente, non ha avuto mai inizio nella realtà. La tempesta che ha spazzato via tutto diventa la “Tempesta” shakespeariana e lo spettacolo diventa un sogno, un sogno visibile agli spettatori anche loro “sognanti” e parte del sogno. “Siamo fatti della sostanza dei sogni…e nello spazio e nel tempo d'un sogno è racchiusa la nostra breve vita”.  Nell’ultima tragedia scritta dal drammaturgo e poeta inglese, l'inconsistenza delle nostre vite, come i fantasmi evocati da Prospero, è evanescente, con la morte, scompariamo e non lasciamo traccia, ma Barbara Amodio, attraverso una regia impeccabile e con meravigliose intuizioni, ha voluto che il Teatro non avesse lo stesso destino ed ha voluto anche che, almeno per un giorno all’anno, il quel palcoscenico lontano dal mondo e da ogni riferimento terreno (in paradiso?), venisse rappresentato lo spettacolo per renderlo vivo per sempre.

Anche se sussurrato, sentir pronunciare “chi è di scena” ci dà l’esatta immagine del flebile confine tra sogno e realtà, il magico segreto di ogni rappresentazione teatrale.

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