Scritto da Sofia Bartalotta

L’estate di Netflix ci ha regalato numerose soddisfazioni, soprattutto per quanto riguarda il genere horror.

Poco dopo l’uscita del notevole progetto italiano A Classic Horror Story, si è conclusa la trilogia di Fear Street, il fenomeno della stagione più calda, che ci ha tenuto compagnia nelle nostre nottate estive. La serie, infatti, presenta i classici episodi che si guardano in compagnia di amici, durante serate che arrivano sempre alle ore piccole e in cui gli unici rumori di sottofondo sono quelli del condizionatore e delle cicale fuori dalla finestra.

Fear street è un originale esperimento della piattaforma in bilico fra cinema e serialità, diretto dalla sorprendente Leigh Janiak. La serie è composta da tre film, pubblicati su Netflix a cadenza settimanale, tutti correlati fra loro e ambientati in tre diverse epoche (il 1994, il 1978 e il 1966), in un viaggio a ritroso nel tempo, nell’immaginario horror americano e per certi versi anche nell’evoluzione della società statunitense. Le trame, i personaggi, e le ambientazioni vintage si muovono tra  i romanzi di Stephen King, in primis Carrie, e le saghe cinematografiche slasher, che vedono come capostipite Scream.

La fonte letteraria degli episodi è invece l’omonima serie di libri per ragazzi scritta da R. L. Stine, noto anche in quanto creatore dell’altrettanto celebre serie Piccoli brividi, di cui si riconosce lo stile. L’origine letteraria è evidente nella dimensione della storia, che è costantemente ad altezza di adolescente, cioè il principale target di Netflix. Nel primo episodio, ambientato nel 1994, è evidente il riferimento a Scream. La prima vittima che vediamo nella puntata del 1994, è interpretata da Maya Hawke, che viene utilizzata nello stesso modo di Drew Barrymore nell’opera di Wes Craven, cioè con una sorprendente e spettacolare morte nella prima scena della trilogia. Un brutale assassinio che serve a introdurre allo spettatore il contesto in cui si muove Fear Street, cioè l’apparentemente tranquilla cittadina di Shadyside che, proprio come la Derry di It, si scopre teatro di violenza e morte, in opposizione alla serenità che alberga nella città rivale Sunnyvale. Protagonisti dell’episodio sono un gruppo di adolescenti impacciati e curiosi, che potrebbe benissimo essere figli della penna di Stephen King.

Il gruppo di ragazzi si troverà ad indagare sugli inquietanti omicidi che macchiano Shadyside, fino a doversi confrontare con oscure verità. Fear Street Parte 1: 1994 ci riporta quindi agli ambienti che contraddistinguevano gli horror di quel periodo, con centri commerciali e licei americani che diventano il teatro delle più disparate atrocità. Con Fear street Parte 2: 1978, facciamo un salto indietro nel tempo, e capiamo come, in realtà, la maledizione che affligge Shadyside provenga da molto lontano.  In questo secondo episodio i colori caldi e l’abbigliamento dei protagonisti, urlano anni ’70. Come protagonista troviamo Sadie Sink, nota per il suo ruolo in Stranger Things, la quale si trova ad affrontare uno spietato serial killer.  Bastano pochi istanti per accorgersi che l’esplicito punto di riferimento in questo caso è la saga di Venerdì 13, in particolare nella figura del protagonista Jason Voorhees, spietato assassino dei giovani avventori di un campeggio lacustre.

Questo episodio ci mostra finalmente l’anima slasher della serie, e con le sue ambientazioni claustrofobiche pone le basi per il capitolo conclusivo Fear Street Parte 3: 1666, che ci mostra la genesi della maledizione e in particolare la tormentata storia di Sarah Fier.

powered by social2s