Scritto da Giordano Deiana
Foto: Andrea Fiori

Lo scorso giugno abbiamo parlato su questo giornale dei Mòn e dell’inizio del tour che seguiva la pubblicazione di Zama (qui il link: Termina il Festival Crack! All'Avvio il Tour dei Mòn).

A quasi un anno di distanza da quel concerto al Forte Prenestino li ritroviamo all’Auditorium Parco Della Musica, nel Teatro Studio Borgna. “La musica è cambiata” si potrebbe dire, e invece no: nonostante dal vivo presentino dei riadattamenti, le canzoni sono le stesse suonate nel nostro primo incontro e la formazione del gruppo non ha subito mutamenti. Cos’è stato, allora, a precipitarli dai centri sociali all’Auditorium nel giro di pochi mesi?

Oltre 60 concerti tra quel 24 giugno ed oggi, grazie ai quali il gruppo ha portato le proprie canzoni sui palchi di tutta l’Italia, consolidando naturalmente un affiatamento ed un’armonia riconoscibilissime oggi tra i segni distintivi della band. Che i Mòn suonassero bene, lo sapevano; adesso però hanno imparato anche ad affrontare palchi proibitivi come quelli dei Festival che li hanno ospitati (“Collisioni” e “Pas De Trai”, tra gli altri), ed a rapportarsi con il proprio pubblico in maniera più spontanea e decisa.

Inoltre, il costante aggiornamento del gruppo sfocia inevitabilmente in una proficua produzione: durante il live le canzoni che compongono Zama si alternano a dei brani inediti, che andranno presumibilmente a confluire in un prossimo disco.

Tutto ciò che è fondamentale per dei ragazzi giovani (età comprese tra i 21 e i 25 anni), che iniziano ad affacciarsi a delle realtà ambite e di rilievo in un panorama nazionale. D’altro canto il “Retape Festival”, giunto alla seconda edizione, si propone proprio questo: la scoperta e la consacrazione di realtà emergenti nate e cresciute a Roma. Non può stupire dunque che siano stati accolti all’interno della programmazione.

Veniamo al concerto: le sonorità, così leggere e raffinate, che si legano alle ritmiche calzanti ma sempre capaci di conferire ai brani il giusto respiro, disegnano un’atmosfera ben tangibile agli occhi, pardon, alle orecchie dell’ascoltatore.

Atmosfera rafforzata peraltro dagli splendidi video dell’illustratore Marco Brancato che accompagnano i singoli Lungs e Fragments (quest’ultimo in collaborazione con Michele Manca). Le voci, maschile e femminile, si legano in una sorta di affettuosa malinconia, che fa insieme commuovere e ballare.

È come se i Mòn non riuscissero mai completamente a svestirsi di un candore che conferisce delicatezza anche nei momenti più concitati del concerto, quando gli strumenti incendiano il palco e le voci lo graffiano. Vogliono spaccare il mondo, ma forse ancora non lo sanno, e così quest’energia viene sprigionata verso il pubblico senza mai arrivare ad esaurirsi.

In una cornice estetica ma forse soprattutto acustica come quella del Teatro Studio Borgna, (dove il gruppo si è avvalso inoltre dell’utilizzo dei visual), la nitidezza del suono, la sofisticatezza, i giochi di luci e le immagini sempre perfettamente accostate ai brani, raggiungono l’onirismo, la forza e la delicatezza insiti nella genetica dei Mòn, fino a sfociare in un’intimità sconcertante, che avvolge il concerto in un velo di elegante timidezza.

Foto: Andrea Fiori

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