Scritto da Zuleca Rienti

2011: una settimana decisiva per le sorti dell’Italia, che si concluderà con un Apocalisse. Tensione, violenza e verità mostrano un lato oscuro ingombrante del Paese.

La regia di Suburra è firmata da Stefano Sollima, noto per le serie Romanzo criminale (2008-2010) e Gomorra (2014-in corso) e il film ACAB - All Cops Are Bastards (2012). Tratto dall’omonimo romanzo firmato da Carlo Bonini e Giancarlo De Cataldo, la pellicola racconta un momento importante per il nostro paese: il Papa dà le dimissioni e il terzo governo Berlusconi cade.

A fare da contraltare a queste vicende, i retroscena che coinvolgono un politico corrotto di destra, Filippo Malgradi (Pierfrancesco Favino), gli Anacleti, malavitosi sinti, un clan di Ostia e il Samurai (Claudio Amendola), ex NAR e boss “dirigente” di Roma. Obiettivo comune: l’approvazione della legge sulle periferie per trasformare Ostia in una Las Vegas e trarre i dovuti benefici economici.

La prima parte del film si svolge di notte e ha un ritmo incalzante, che ricorda quasi una sinfonia. Sullo sfondo di una Roma piovosa, vediamo il Papa di spalle che prega e poi fa un annuncio, ma il pubblico non può sentire il suo discorso, perché in primo piano c’è il rumore dei piatti che vengono riposti sul tavolo e oscurano le sue parole. Questo è un gioco che ritroveremo spesso nel film, perché il regista decide di mettere in piano di ascolto i rumori, o la musica stessa, a discapito dei dialoghi. La scena con il Papa è l’inizio della sinfonia, che passa ad un movimento rapido, mostrandoci il caos della villa in cui Sebastiano (Elio Germano) organizza delle feste e in cui procaccia prostitute per i politici. Ma il movimento della macchina da presa ritorna ad essere lento, seguendo Malgradi che in una camera di hotel consuma una notte di sesso e droga con due prostitute, di cui una minorenne. Il ritmo risale posandosi su Numero 8 (Alessandro Borghi), un giovane gangster di Ostia che picchia violentemente un uomo su commissione. Seguiranno le riprese diurne, quasi sempre al chiuso.

La regia di Sollima è magistrale, curata in ogni dettaglio, nella posizione dei personaggi, nei movimenti. Gli attori sono spesso di spalle e fanno parte del quadro generale. Le riprese che riguardano Roma sono cupe e malinconiche. Una menzione speciale va fatta a Paolo Carnera per la fotografia, dai toni noir, soprattutto per le scene che riguardano il Vaticano e Roma. La colonna sonora è il collante: sulle note di “hurry up we're dreaming” degli M83, si muovono i personaggi e vengono sopraffatti da essa in varie occasioni.

Favino regala una delle sue interpretazioni migliori, mostra la sua doppia personalità da uomo tutto d’un pezzo e politico corrotto che supera i suoi limiti, ha una recitazione controllata, nel corpo e nella voce, che esplode in momenti di confusione o di particolare tensione. Germano, trasmette l’insicurezza del personaggio, pavido e a tratti meschino. Mentre Amendola, porta con determinazione la calma e la sicurezza del boss di cui veste i panni. L’unico elemento che mostra delle incertezze è la sceneggiatura di Stefano Rulli, Sandro Petraglia, Carlo Bonini e Giancarlo De Cataldo. Forse, proprio l’ampiezza dei fatti trattati non basta per un film, che di per sé diventa autoconclusivo. Come l’omonimo romanzo, anche il film parte da fatti storici ed ha il merito di aver portato sul grande schermo argomenti scomodi ma necessari.

Finalmente un prodotto italiano realizzato degnamente e di cui andare fieri. Visione assolutamente consigliata.

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