Scritto da Zuleca Rienti

Nonostante la vittoria dei buoni nei precedenti quattro film, la rivolta delle macchine sembra inevitabile. Il quinto capitolo della saga, diretto da Alan Taylor, segue una linea nuova ripercorrendo i passi del Terminator (1984) di James Cameron. Vediamo quello che i quattro film non ci avevano ancora mostrato, cioè il futuro, ma stavolta è molto più vicino a noi, o quantomeno ne riconosciamo i tratti. Un 2017 in cui gli uomini sono schiavi dei cellulari e della tecnologia e smaniano per essere collegati col mondo intero attraverso un programma, Skynet.

Il film inizia a raccontare il disastro dell’apocalisse nucleare e quello che ne è seguito, come succede nella prima pellicola di Cameron. Nel 2029 John Connor (Jason Clarke) come sappiamo, è a capo della resistenza. Dopo l’ultima battaglia contro Skynet, che prossimo alla sconfitta invia il T-800 (Arnold Schwarzenegger) nel 1984, Connor decide di mandare Kyle Reese (Jay Courtney) per proteggere sua madre. È da qui che notiamo i primi cambiamenti. Reese ripercorre specularmente le stesse azioni di Michael Biehn. Stavolta però è inseguito da un terminator perché Skynet ha attaccato Connor poco prima che Reese partisse, cambiando il passato. Quindi troviamo un 1984 piuttosto affollato e il T-800 trova una molto combattiva Sarah Connor (Emilia Clarke, una delle star di Game of Thrones) affiancata da un T-800 più vecchio che chiama “papà”, inviato ancor prima per proteggerla ad ogni costo.

La storia è arricchita da nuovi elementi, in primis gli spostamenti temporali in diverse epoche e le numerose scene di lotta, sono intervallate da alcuni flashback di Reese, in cui possiamo ammirare la bravura di Kramer Morgenthau, direttore della fotografia. La trama non va in un’unica direzione, come succedeva per i precedenti capitoli, ma si dirama fornendo risvolti inaspettati. Le scene di azione, così come gli effetti speciali, sono coinvolgenti e psichedelici. Abbiamo inseguimenti aerei, uno scuolabus sospeso sul ponte di Brooklyn, esplosioni e uno scontro tra un giovane T-800 e uno Schwarzenegger più anziano. Insieme ai combattimenti ci sono numerose gag, soprattutto dovute al rapporto tra Sarah e il T-800. Lei cerca di farlo mimetizzare e, come succedeva in Terminator 2 – Il giorno del giudizio, insegnargli a ridere, ad esempio, anche se il risultato non è dei migliori. È interessante anche l’interazione con Reese, soprattutto quando viene a sapere che dovrà “accoppiarsi” con Sarah. Dialoghi all’altezza che reggono il ritmo frenetico della trama.

Emilia Clarke, nonostante sia molto diversa da Linda Hamilton, supera la prova e mostra una nuova Sarah Connor, combattiva e pronta ad uccidere. Questa volta, consapevole del pericolo e armata fino ai denti. Schwarzenegger porta a termine anche questa volta il suo ruolo da robot, a 360 gradi, in cui da distruttore, diventa protettore e si evolve in una figura paterna. Il suo sacrificio porta ad un “upgrade”, altro elemento molto più realistico nel 2015. La sua interpretazione da terminator è come al solito fredda e distaccata, al contrario di quella di Jason Clarke, che non rende a pieno il passaggio da capo della resistenza a Skynet. La sua interpretazione è un po’ sotto le righe, in contrasto con gli effetti speciali che lo rendono una macchina nuova di zecca. Jay Courtney sembra ,invece, trovarsi a suo agio e riesce a rivestire anche lui i panni di un Reese, stavolta consapevole degli eventi passati, ma soprattutto futuri.

Il film ci mostra come un terminator possa legarsi ad un essere umano, anche se in fondo, è sempre l’uomo a programmarlo. Come succede in Blade Runner (1982) l’uomo crea i replicanti, e anche se rappresentano una minaccia, alla fine sarà proprio uno di loro, Roy Betty (Rutger Hauer) a salvare la vita a Rick Deckard (Harrison Ford) dandogli anche una lezione con il famoso monologo che esordisce con “Io ne ho viste cose che voi umani...”. Ottima visione estiva, piena di azione e un po’ di sentimentalismo.

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