Foto: Katia Grosso

Il Premio Stampa della XII edizione del Mediterraneo Festival Corto, viene assegnato dalla redazione di Matchnews al film "Diritto di Voto". Nell'anno della ricorrenza dei 40 anni dall'uscita di Blade Runner di Ridley Scott, il film più famoso della storia del cinema sugli androidi, o meglio, sui "replicanti, è il cortometraggio diretto da Gianluca Zonta" ad aggiudicarsi il prestigioso premio. Un film di qualità con un cast eccezionale.

Il cortometraggio ci porta in un futuro prossimo, in cui gli androidi sono integrati nella società e al centro del dibattito politico c’è la questione se concedere loro il diritto di voto. I leader dei due principali partiti sono chiamati a esprimersi in modo ufficiale in merito.

L’opinione pubblica si divide ovviamente in favorevoli e sfavorevoli, tra chi è a favore di una totale integrazione nella società e chi usa frasi come “ci rubano il lavoro”, “li eliminerei tutti”; affermazioni che, ancora oggi, sentiamo nei confronti di categorie che vengono considerate “diverse”, in una società che continua faticosamente a dimostrarsi aperta alla varietà umana.

La risposta alla domanda sul concedere o meno il diritto di voto agli androidi, inizialmente sembrerebbe semplice; verrebbe da rispondere che, sì, è giusto che a tutti sia garantito il diritto di voto, che siano donne, membri della comunità lgbtq+, persone di colore o androidi. Ma qui subentra il dubbio: una donna, o qualsiasi altro essere umano, può essere messo sullo stesso piano di un androide? Un essere umano, la sua storia, la sua cultura, i suoi progetti e sentimenti possono davvero essere sostituiti, per quanto imperfetti? Forse bisognerebbe andare molto oltre il concetto di integrazione e pensare a quanto vengano dati per scontati, fino ad essere dimenticati, i diritti che spettano esclusivamente all’uomo.

In questo corto, il partito che sostiene gli androidi, è arrivato a dimenticarsi della condizione di essere umano, tanto da non vedere alcuna differenza tra un uomo e un androide; piuttosto si preoccupa di quanto possa giocare a suo favore la corruttibilità degli androidi; si dimostra vittima di etichette superficiali, come quella di nazionalità, che non definiscono in alcun modo il bagaglio intimo e personale di un essere vivente; fino a che non si arriva a preferire un robot a un italiano di seconda generazione.

Ma non è forse la condizione di essere umani che ci accomuna tutti, e a venire prima di qualsiasi altro tipo di categorizzazione che riguardi nazionalità, religione, orientamento sessuale o genere? Il valore del voto di un umano ha davvero lo stesso valore di quello di un androide?