Scritto da Paola Cittati

Nel suo intenso percorso artistico Sergio Leone attraversa il mito, riscrive letteralmente il western e trova il suo culmine nel progetto di una vita C’era una volta in America. Titolo di un suo film che ha portato a parafrasare quello della mostra aperta al museo dell'Ara Pacis fino al 3 maggio prossimo

Quando si pensa al West o all'America e alle grandi produzioni sul grande schermo si pensa a Sergio Leone, maestro assoluto del genere.

Nato a Roma nel 1929  è stato un regista, sceneggiatore e produttore cinematografico italiano, riconosciuto universalmente come uno dei più importanti registi della storia del cinema, particolarmente noto per i suoi film del genere spaghetti-western.

Attraverso una lunga carriera, con lui il racconto del west è diventato leggendario. In ragione di questo e, dopo il grande successo dello scorso anno ottenuto alla Cinémathèque Française di Parigi, arriva anche in Italia, a Roma, al Museo dell'Ara Pacis  fino al 3 maggio 2020, C'era una volta Sergio Leone la grande mostra dedicata al celebre protagonista, a distanza di 30 anni dalla sua scomparsa (1989) e 90 dalla sua nascita.

Promossa dall’Assessorato alla Crescita culturale di Roma Capitale – Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, la rassegna è concepita e realizzata da La Cinémathèque Française e Cineteca di Bologna.

Nel suo intenso percorso artistico Sergio Leone attraversa la corrente storica e mitologica del cinema - nota come peplum - riscrive letteralmente il western e trova il suo culmine nel progetto di una vita con il film del 1984 C’era una volta in America che ha parafrasato il titolo della mostra. La pellicola narra dell'ascesa del crimine organizzato negli Stati Uniti dal 1920 al 1960 attraverso le vicende personali e professionali di un gruppo di gangster. Il film rappresenta il terzo capitolo della cosiddetta trilogia del tempo, preceduto da C'era una volta il West (1968) e Giù la testa (1971). Malgrado lo scarso successo di pubblico alla sua uscita, col passare degli anni è stato definito come uno dei film più belli di sempre.

Negli anni sessanta Leone sceglie da pioniere il genere western.  Genere che col tempo prende il posto del peplum nelle preferenze del largo pubblico: dando vita a un proprio importante sottogenere di matrice italiana, il cui modello di stile divenne il primo film del genere del regista, con la pellicola Per un pugno di dollari del 1964, uno dei più famosi della storia del genere.

Enorme il lascito creativo di Sergio Leone.

Grazie ai preziosi materiali d’archivio della famiglia Leone e di Unidis Jolly Film i visitatori potranno accedere allo studio del regista, dove nascevano le idee per il suo cinema, con i suoi cimeli personali e la sua libreria, per poi immergersi nei suoi film attraverso modellini, scenografie, bozzetti, costumi, oggetti di scena, sequenze indimenticabili e una costellazione di magnifiche fotografie, quelle di un maestro del set come Angelo Novi, che ha seguito tutto il lavoro di Sergio Leone a partire da C’era una volta il West: film del 1968 diretto da Sergio Leone. Western all'italiana di registro epico prodotto dalla Paramount Pictures e interpretato da Claudia CardinaleHenry FondaJason Robards e Charles Bronson. La sceneggiatura venne scritta da Leone e Sergio Donati, da un soggetto ideato da Leone, Bernardo Bertolucci e Dario Argento. Il film venne fotografato da Tonino Delli Colli e musicato da Ennio Morricone.

La mostra è realizzata con il contributo del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e per il Turismo, in collaborazione con Istituto Luce - CinecittàMinistère de la culture (Francia)CNC – Centre national du cinéma et de l’image animéeSIAE e grazie a Rai TecheLeone Film GroupUnidis Jolly Film, Unione Sanitaria InternazionaleRomana Gruppi Elettrogeni Cinematografici. Digital Imaging Partner: Canon. L’ideazione è di Equa di Camilla Morabito e il supporto organizzativo di Zètema Progetto Cultura.

L'allestimento è  suddiviso in diverse sezioni: Cittadino del cinema, Le fonti dell’immaginario, Laboratorio Leone, C’era una volta in America, Leningrado e oltre, dedicata all’ultimo progetto incompiuto, L’eredità Leone.

Curato dal direttore della Cineteca di Bologna, Gian Luca Farinelli, in collaborazione con Rosaria Gioia e Antonio Bigini, il percorso riserverà al visitatore uno sguardo a tutto tondo nella carriera del regista che era figlio d'arte, in quanto il padre - noto con lo pseudonimo Roberto Roberti - fu regista a sua volta nell’epoca d’oro del muto italiano. Per omaggiare la figura  paterna, il figlio alle prese con la regia - deciderà di firmare la pellicola Per un pugno di dollari (1964) con lo pseudonimo anglofono Bob Robertson.

In mostra, i film dei giganti del western, da John Ford a Anthony Mann – che rivelano anche un gusto per l’architettura e l’arte figurativa che ritroviamo nella costruzione delle scenografie e delle inquadrature, dai campi lunghi dei paesaggi metafisici suggeriti da De Chirico all’esplicita citazione dell’opera Love di Robert Indiana, straordinario simbolo, in C’era una volta in America, di un inequivocabile salto in un’epoca nuova.

A  questo film, ne sarebbe seguito un altro di proporzioni grandiose, dedicato alla battaglia di Leningrado, del quale rimangono, purtroppo, solo poche pagine scritte prima della sua scomparsa: in quanto, più che alla scrittura, il regista amava affidare l'idea di un film al racconto personale con gli amici, al racconto orale con i produttori.

In Sergio Leone la fiaba è il cinema stesso anche se, in quanto italiano, non può dimenticare la guerra e di aver attraversato la stagione neorealista.

Per spaziare allora sempre più tra memoria e libertà sublima il passato ricorrendo ad una documentazione ossessiva per i miti (il West, la Rivoluzione, l'America). Poi, a partire da Per qualche dollaro in più (1965) realizza un perfetto esempio di favola cinematografica che convince gli spettatori di quello che vedono per il ricorso all'ossessione documentaria per ogni minimo dettaglio.

Per gli studenti di cinema di tutto il mondo Sergio Leone è a tutt'oggi un punto di riferimento per il linguaggio filmico.

Molti registi contemporanei, da Martin Scorsese a Steven Spielberg, da Francis Ford Coppola a Quentin Tarantino, da George Lucas a John Woo, da Clint Eastwood ad Ang Lee si sentono suoi debitori in fatto di cinema.

Sergio Leone amava definire così il mondo della settima arte: “Il cinema deve essere spettacolo, è questo che il pubblico vuole. E per me lo spettacolo più bello è quello del mito. Il cinema è mito.” Una carriera che, al di là delle definizioni, ha raggiunto un risultato unico nel suo genere; riuscendo ad amalgamare la memoria del cinema alla libertà della fiaba. Per raccontare storie - oggi in mostra - dal linguaggio cinematografico indimenticabile. 

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