Scritto da Antonella D'Andrea

Una giocata fortunata poteva bastare per entrare nel concilio dei maghi, o per mandare in prigione un nemico (notorio o intimo), o per incontrare, nella calma oscurità della propria stanza, la donna che comincia a inquietarci e che non speriamo di rivedere; una giocata avversa, invece, poteva significare una mutilazione, l’infamia, la morte.

A volte un fatto solo – il taverniere assassinato da C, l’apoteosi misteriosa di B – era la soluzione geniale di trenta o quaranta sorti. Combinare le giocate era difficile; ma bisogna ricordare che gli uomini della Compagnia erano (e sono) onnipotenti e astuti.

La lotteria di Babilonia di Jorge Luis Borges è l’incredibile testimonianza di un uomo condannato dalla società che ha fatto della vita un gioco: gioco di azzardo in cui i destini individuali, straordinari o terrificanti, sono estratti a sorte. Tutto è affidato al caso, o alle misteriosi decisioni di una “Compagnia” che gestisce tramite la lotteria le infinite interpolazioni tra fato e possibilità che determinano gli eventi e i destini individuali. Nessuno si può sottrarre. Nessuno si vuole sottrarre. I diseredati meno di tutti gli altri.

Il racconto di Borges dà corpo alla sua angosciante metafora di cosa significhi da parte di un’intera società consegnarsi senza condizioni all’arbitrio, rinunciando al governo della propria vita. Sfuggire al sistema organizzato delle regole della convivenza, rendendole capriccio, speranza, terrore. Non così diverso, allora, dalla speranza nella fortuna che nutre chiunque non abbia più fede nell’equità della società in cui vive. Che successo ha la lotteria, quando permette di ribaltare il proprio destino perché altro modo non c’è. Non solo a Babilonia!

Da questa breve introduzione e collegandolo alla concettualizzazione di Bateson dove nessun fatto può essere spiegato senza considerare l’intreccio delle circostanze entro cui tale fatto emerge e si sviluppa approdiamo alla definizione usata da Foucault “ L’ontologia del presente” che individua come ciò che accade oggi è l’annuncio di qualche profonda modificazione in corso che tocca la natura umana. Allora la domanda nasce spontanea: Cosa è successo nel passaggio dalla modernità alla post-modernità? Il primo tassello per formare il puzzle entro il quale si formano le nuove dipendenze e quindi il Disturbo da gioco d’azzardo ( DSM-V), lo possiamo individuare in quello che il sociologo Zygmunt Bauman definisce come il prodursi del disagio della post-modernità o meglio da lui definita società liquida …”..L’instabilità è il terreno della nostra società. Le persone oggi sono insicure, non sanno come fare da soli, sfuggono alla solitudine, all’abbandono con fb, Social network, chat, sms. La comunicazione digitale ha influenzato lo sviluppo delle dipendenze. La vita off-line dipende dalla vita on-line. Viviamo in 2 mondi diversi schizofrenici: on-line e off-line. Noi comunichiamo circa per 7 e mezzo attraverso gli schermi. Prima si viveva on-line in comunità ora si vive off-line in rete. E’ una vita con delle offerte molto attraenti. Tutto è più facile! La comunicazione digitale è infantile. L’ideatore di fb ha capitalizzato la paura dell’uomo di rimanere solo! Questa situazione liquida, volatile imprevedibile può spingere le persone a “buttare la spugna .” L’umiliazione dell’impotenza e del fallimento è la sensazione diffusa che spinge le persone a non rimboccarsi più le maniche. Oggi la vita non è più un pellegrinaggio per raggiungere degli obiettivi, Ma un gioco d’azzardo!!Nella società liquida la ricerca della felicità è come andare in bicicletta…Appena ti fermi, e non pedali, cadi!!

Quindi come fenomeno sociale possiamo considerare il Disturbo da gioco d’azzardo, come tutte le dipendenze, l’emblema dell’attuale disagio: un disagio che riflette una situazione sociale euforica ma che cela aspetti disforici e paranoici. La postmodernità è caratterizzata dal conseguente sfaldamento delle certezze stabili che possono indicare all'uomo un qualsiasi sentiero definitivo. E parafrasando ancora Bauman ..”non ci sono più pellegrini ma solo vacanzieri”!

La postmodernità è stata il “contenitore” adeguato a contenere la crisi del senso esistenziale dell'individuo. Dove sono i riferimenti pregnanti che possono determinare con sicurezza l'identità personale? Sulla spinta della tecnologia, che rappresenta sempre di più la forza trainante della contemporaneità, l'uomo assiste ad uno sfaldamento e a un frammentarsi delle sue certezze, della sua identità, del suo tempo. La velocità con la quale la scienza moderna modifica il senso della realtà rende quasi inutile il tentativo di definirsi e di permanere da parte di un qualsiasi significato. Accanto alla depressione, Valleur e Matysiak (2004) sottolineano come le nuove dipendenze- quelle senza sostanze – (gioco d’azzardo, internet, sesso, lavoro, telefono cellulare e shopping compulsivo, ecc.), siano innegabilmente malattie rappresentative della post-modernità. Alcuni autori (Caretti e La Barbera 2005) ridefiniscono il concetto evidenziando come esse siano “espressione di un disagio psichico profondo e di un malessere culturale vasto e pervasivo” e “seppur ogni forma sembra caratterizzarsi per degli aspetti specifici, esse nel loro insieme manifestano un desiderio di fuga e un’incapacità a tollerare il dolore mentale che porta, a volte quasi consapevolmente, a rinunciare all’uso del pensiero e della riflessività a favore di una scarica emozionale iterativa messa in atto con modalità progressivamente sempre più compulsive”.

E quindi qual’è la funzione del gioco nella post-modernità? E

’ ciò di cui parla Borges: è illusione di cambiamento e potente segnale di sfiducia nelle proprie possibilità di incidere efficacemente sulla propria vita: alea (rischio) piuttosto che competenza e sforzo. Nel gioco d’azzardo ritrovo emozioni forti, divertimento, svago, parentesi da una quotidianeità angosciante e insoddisfacente. Ma bisogna anche sottolineare che non tutti gli individui che giocano d’azzardo sviluppano una forma patologica di dipendenza. Le condizioni di vulnerabilità all’addiction, e quindi allo sviluppo di una dipendenza patologica, sono sostenute da una combinazione di fattori in grado di produrre un alto potenziale additivo. Colgo l’occasione per sottolineare un ultimo aspetto, ma non per importanza, in questa succinta disamina del disturbo del gioco d’azzardo ed è il potere della pubblicità. La pubblicità del gioco d’azzardo è in grado di influenzare fortemente le persone vulnerabili a spendere forti somme nel gioco.

A tal proposito, è utile evidenziare che le campagne pubblicitarie del cosiddetto “gioco responsabile o consapevole” non si sono dimostrate efficaci in termini di prevenzione del gioco d’azzardo. Come concludere? Nell’illusione di guadagno e nell’eccesso si smarrisce la consapevolezza della certezza della perdita. In questo periodo di crisi economica e depressione, quando PIL e Spread perdono punti, il mercato del gioco d’azzardo fiorisce come un sogno atteso. La pubblicità è l’anima del commercio e vende sogni a chi ha già poche speranze. Questa frase estratta dal libro “Il Piccolo Principe” vuole essere anche un inno al ritorno a ciò che un tempo erano le “strutture” che connettevano, non reti ma relazioni! Gli uomini non hanno più tempo per conoscere nulla. Comprano dai mercanti le cose già fatte. Ma siccome non esistono mercanti di amici, gli uomini non hanno più amici. Se tu vuoi un amico addomesticami!» disse la Volpe. «Che cosa vuol dire addomesticare?» disse il Piccolo Principe. «È una cosa molto dimenticata. Vuol dire ‘creare dei legami’»”. (Il piccolo principe di Antoine de Saint-Exupéry)

Dott.ssa Antonella D’Andrea Centro Clinico di Psicologia e Psicoterapia delle Dipendenze, Via Lorenzo Il Magnifico, 42 - 00162 Roma

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