Scritto da Antonella D'Andrea

“Non si sa di nessuno che sia riuscito a sedurre con ciò che aveva offerto da mangiare, ma esiste un lungo elenco di coloro che hanno sedotto spiegando quello che si stava per mangiare"  (Manuel Vàzquez Montalbàn – scrittore e gastronomo spagnolo).

I temi maggiormente indagati dall’arte e dalla psicologia sono Eros e Cibo.

I piaceri della gola sono legati sin dalle origini dell'uomo a quelli della sessualità: il peccato di orgoglio di Adamo ed Eva viene raccontato dalla tradizione cattolica attraverso la metafora della mela tentatrice! Perché dal momento in cui Eva offri ad Adamo una mela, cibo e passione si fusero accompagnandoci nella vita fuori dal Paradiso.

Cibo e sesso hanno la stessa localizzazione cerebrale, gli stessi circuiti neuroendocrini, gli stessi ormoni che li controllano. Vengono stimolate le stesse molecole del cervello, pertanto se non soddisfiamo l'"appetito dei sensi", il desiderio si sposterà sull'"appetito di cibo"!

Il legame fra sesso e cibo consiste anche nel fatto che entrambi servono per la socializzazione, per la soddisfazione personale, per la sopravvivenza propria e della specie.

Inizierei con il dato di realtà più importante, ancor prima dei significati etimologici e psicologici. Mangiare è uno dei più importanti atti dei viventi: se non si mangia, si muore. Infatti nella scala dei bisogni primari di Maslow, assolutamente da soddisfare, vi è la necessità di nutrimento e quindi quella di avere cibo, dopo viene - in una scala del mangiare - la percezione fisiologica del senso di fame e il desiderio (quindi al di là del bisogno) di dare senso e significato all' appagamento del bisogno.

Dunque: bisogno di mangiare e desiderio di mangiare.

Affinché ci sia la percezione del bisogno di nutrimento occorre che i centri cerebrali deputati alla sensazione di fame siano integri, e affinché ci sia il desiderio occorre che l'individuo costruisca un significato interiore psichico sia all'atto volontario del mangiare sia al cibo quale soggetto-oggetto dell'atto.

Il cibo accompagna la nostra vita dal momento stesso in cui nasciamo. Non possiamo farne a meno perché è fonte di vita e di nutrimento. 

Il comportamento alimentare è influenzato da numerosi fattori: in parte genetici ma anche e soprattutto sociali, familiari, ambientali e di personalità. Questo comportamento, che in origine corrispondeva a un bisogno primario per la sopravvivenza ed era sotto controllo esclusivamente istintivo, con l’evoluzione della specie ha assunto sempre di più il carattere di bisogno secondario che ha fatto associare al cibo significati che vanno al di là del suo valore meramente nutritivo.

Quando iniziamo a riflettere e osservare il nostro rapporto con il cibo diviene chiaro che noi non assumiamo sostanze affettivamente indifferenti: il cibo è infatti nutrimento calorico ma ha un significato più ampio di nutrimento emotivo-affettivo. Esistono infatti dei cibi che ci accompagnano durante la nostra vita ed ai quali diamo significati emotivi. Il dolce preferito di quando eravamo bambini, la pietanza preparata da una figura importante, la merenda che condividevamo con un nostro amico.

Mentre però gli affetti, gli amici, le situazioni della nostra vita cambiano, si evolvono, mutano, il cibo rimane sempre uguale e grazie al legame mnemonico ed affettivo creato nel nostro passato, rimane un buon metodo per rievocare le sensazioni piacevoli che erano legate ad esso.

L’alimentazione rappresenta la prima forma di relazione che il bambino sviluppa con la madre o in questo caso con la figura che se ne prende cura. Attraverso il cibo passano sia gli aspetti fisici che psicologici e solo con il tempo il bambino imparerà a distinguere tra i due aspetti. Per il neonato l’atto del mangiare ha molteplici significati, attraverso la bocca entra in relazione, conosce, sperimenta ed impara a fidarsi.

 Il valore simbolico che attribuiamo al cibo interferisce quindi con la funzione alimentare e le sue caratteristiche istintive, connotando il comportamento alimentare di significati che vanno ben oltre lo scopo essenziale di mantenere in condizioni ottimali l’organismo.

La storia di ognuno di noi è strettamente legata al cibo ed è costellata da gusti, profumi, preferenze per certi alimenti o avversioni per piatti che non possiamo neppure sentire nominare.

Dunque il cibo assume valenze che vanno oltre il "semplice" nutrimento. Ultimamente, ad esempio, si sente parlare spesso del cosiddetto comfort food: quali effetti può avere il cibo sull'umore?

Il comfort food, o cibo consolatorio o cibo per l'anima, ha effetto sull'umore nella misura in cui l'umore ha bisogno di essere confortato, consolato e al di là dei cibi serotoninergici (ossia in grado di scaturire attivazione di serotonina, ormone del benessere, quali il cioccolato) ogni cibo è confortevole per chi lo consideri tale. Il latte dell'infanzia, la ciambella della nonna, il ragù del papà, la fettina panata con patatine fritte della domenica. Ognuno ha il suo cibo. Dovrebbe però essere evidente che non è il cibo in quanto tale che consola, quanto l'attribuzione psicologica del significato soggettivo, che può variare da situazione a situazione, perciò è 'umorale' e può pertanto sia consolare per una nostalgia sia premiare per una situazione ritenuta premiabile.

 “Dietro la spinta a cibarsi vi è un desiderio di comprensione umana.” Jacques Lacan, psicologo e filosofo francese del 900’, infatti, soleva affermare che a monte della domanda di cibo vi è una domanda simbolica di amore e di comprensione.

Un filo rosso lega tra loro amore, cibo e sesso.

I due bisogni dell’umanità - amore/sesso e cibo - sono talmente collegati tra di loro, da essere, a volte, l’uno il sostituto dell’altro.

Chi soffre per amore, non a caso, ha voglia di tuffarsi sul cioccolato, per consolarsi e godere del piacere del palato

Cibo e Eros danno piacere. Ma cos’è il piacere?  E’ quella sensazione che solitamente segue il soddisfacimento di un bisogno. Può chiaramente presentare molteplici sfumature che lo rendono necessario nell’intero sistema di sopravvivenza che uomini e animali sviluppano per relazionarsi tra loro, in nuovi contesti e nella vita in generale. Il sistema della gratificazione consente agli individui di provare piacere; l’emotività affronta trasversalmente sia la sfera fisica che quella cognitiva e tutte queste componenti possono essere spiegate dalla sensazione di piacere

Eros e cibo sono cultura, attenzione, scambio, amore. Amore e rispetto degli alimenti. Amore, rispetto e cura della persona con cui ci diamo piacere reciproco (e non egoistico). Il tempo, la lentezza, la calma, l’intimità, sono componenti essenziali. Ogni avidità, ogni sopraffazione, ogni prepotenza, va bandita.

Dobbiamo riconoscere che sono soltanto due i piaceri che si avvicinano alla perfezione, impegnando interamente tutto il nostro corpo, i nostri sensi, e che quindi ci permettono di raggiungere una gioia purissima, una felicità assoluta, anche se limitata nel tempo.

Quando mangiamo e facciamo l’amore sono coinvolti, anzi esaltati, tutti i nostri cinque sensi: dalla vista all’udito, dal gusto all’olfatto e al tatto. Tutto è da gustare. Così come i sapori di una portata arricchita da mille odori e spezie; le labbra, la lingua e il palato che toccano le infinite varietà delle forme di pasta; la vista deliziata dai colori, dalle tonalità, dalla disposizione delle vivande… E, sull’altro versante: la vista della persona amata, i suoi occhi, le sue forme; i suoi intimi sapori e odori, inconfondibili; lo scorrere con le dita sul suo corpo; l’ascolto del suono della sua voce, dei suoi gemiti di piacere…

Con tutte le metafore e i piani simbolici possibili ed immaginabili, si pensi anche al parallelismo tavola-letto.
Esistono davvero i cibi afrodisiaci?

Sulle proprietà dei cibi si è tanto discusso, così come sul loro presunto potere afrodisiaco.

Associare taluni cibi - speziati, profumati, dal significato evocativo o dalle "fantasie erotizzanti" - all'intimità è possibile, ma l'equazione non è certo univoca e dalla facile lettura.

Se per afrodisiaci si intende una sostanza “dopante” che una volta ingerita slatentizza istinti reconditi o fantasie erotiche audaci, temo proprio che questi cibi non esistano.

Se invece, per “afrodisiaco” si intende quel cibo che per forma, simbolismo, odore e sapore evoca la rarità, l'unicità, il “profumo dell'intimità”, assolutamente si.

L'effetto sembra essere legato più alle modalità con cui il cibo viene consumato - l'atmosfera, l'intimità, la location curata e ricercata - che ad un processo chimico nel nostro organismo. La maggior parte degli afrodisiaci non agisce tanto sul corpo, ma sul cervello, sicuramente la nostra zona erogena più potente, con una sorta di "eccitante effetto placebo": se pensiamo che quel cibo o quella ricetta abbiano un potere erotico, probabilmente lo avranno! Infatti, "è attraverso la rielaborazione di stimoli esterni (visivi per quanto riguarda gli uomini e tattili per quanto riguarda le donne) e di stimoli interni fatti di fantasie ed immagini mentali, che il cervello manda in circolo gli ormoni della sessualità che funzionano da eccitanti e accendendo un desiderio intenso".

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