Diamante (CS) - Qualche anno fa, stimolato dalla ristampa di vecchie fotografie di Diamante, lanciai lo slogan “Alla ricerca della  Fontana  Perduta”, ovvero,  che fine ha fatto  la Fontana dei quattro cannoni  dopo la sua rimozione, per la realizzazione di opere stradali avvenuta alla fine degli anni cinquanta? 

Chiaramente si trattava di una provocazione che voleva mettere sotto accusa la disattenzione culturale delle Pubbliche Amministrazioni rispetto al patrimonio cittadino inteso non tanto come valore monumentale, ma come simbolo della memoria  storica di una comunità.

La fontana dei quattro cannoni, infatti, al di là del suo pregio artistico, ha rappresentato per tanti anni uno degli identificativi del centro storico cittadino che proprio nell’intersecazione di Piazza XI febbraio con Via Vittorio Emanuele aveva il suo cuore pulsante. Chiaramente, adesso poco importa  che fine abbia fatto, anche se l’ipotesi  più probabile e che smontata a pezzi  sia stata relegata all’oblìo e finita nella discarica dell’incuria pubblica; quello che conta è ragionare invece, sulla possibilità (e sull’utilità) di rimetterla al suo posto. Navigando in rete alla ricerca di aziende produttrici di fontane ornamentali mi sono imbattuto in una fontana identica alla nostra (Fontana delle quattro cannelle) che dopo una rocambolesca scomparsa durante il rifacimento del manto stradale, nel luglio del 2012 è stata ritrovata in un magazzino a Subiaco e riposizionata in viale Garibaldi a Civitavecchia a poca distanza dalla più rinomata e settecentesca Fontana del Vanvitelli.

La singolare scoperta, oltre ad incuriosirmi sulle analogie,  mi convinceva  della possibilità di rintracciare l’azienda produttrice (la fontana è sicuramente di produzione industriale) e di commissionarne una identica,di nuova fattura,  da posizionare, verificando la compatibilità delle diverse esigenze di viabilità, nel suo sito originario a rimarcare la volontà  di recuperare, conservare e valorizzare i simboli della storia cittadina e mi viene subito da pensare  alle mura dei Carafa, alle fontanelle di ghisa, alle volte dei sottoportici  (Vaglio, Campanaro,) al Calvario, ai portali in pietra, a qualche vecchio opificio oleario, alla lapide delle sanzioni e perché no, al monumento ad Arcangelo Caselli  anche esso rimosso in forza di qualche crociata ideologica. Si tratterebbe di attuare interventi di riqualificazione urbanistica di grande pregnanza storica e culturale che potrebbe dare impulso anche alle iniziative private che potrebbero (e dovrebbero)  porre maggiore attenzione (e noi dovremmo obbligarli) al recupero conservativo  degli immobili soprattutto nel centro storico dove ogni  insegna di plexiglass, ogni finestra di alluminio, ogni gradino di levigato marmo e ogni incongrua tinteggiatura  sono ferite inferte ad un contesto storico che sebbene di non vecchissime origini deve conservare l’armonia e l’impianto urbanistico di un bellissimo borgo marinaro arroccato sul mare.