Scritto da Antonietta Dell'Arte

Diamante (CS) - Come in musica, da sette note si creano sinfonie diverse, così nella scrittura, con i pochi segni dell’alfabeto s’inventano narrazioni all’infinito, ma con l’esigenza di un denominatore comune: il risultato positivo della forma, del ritmo.

Già dalla bella copertina di questo libro, c’è la dolcezza/solitudine; l’illusione che si scontra con la realtà. Il manoscritto di Ferdinando Romito che mi accingo a “gustare”, è formato da otto racconti. Racconti inquietanti per la disposizione degli elementi, per gli accenti, i tempi giusti, i passaggi e gli eventi non prevedibili. Comunemente si tirano le somme a fine libro. Io preferisco “seguire” racconto per racconto insieme al lettore, per le considerazioni che portano alle conclusioni.

 

Nel primo racconto, che dà il titolo al libro, c’è apparentemente un senso di freschezza, di movimento. Forse granelli di sabbia di mare scintillanti nel sole? Decisamente no. L’autore ci introduce, invece, a un mondo particolare, oscuro, impenetrabile. Sono granelli di memoria. Dove riaffiorano tempi dolorosi. E da qui, si passa ai “tempi”. Ferdinando ci invita a entrare anima e corpo nella narrazione. Sono piccoli, insignificanti granelli di sabbia, ma che riempiono la scena. Granelli che si muovono, che battono come pulsazioni del cuore, ma scendono, terribilmente scendono verso la fine. Pulsazioni del tempo. Già, il TEMPO/DESTINO. Tempo che, come vedremo, sarà il protagonista assoluto di tutti i racconti. L’autore lo tratta, il tempo, a volte con sotterfugi, con sottile ironia, con l’ambiguità, per depistarci. Ma sa che chi, alla fine, comanda è il tempo. Prende a simbolo la clessidra. La particolare clessidra da anni conservata nel cassetto di Angela e che sembra ferma nel passato. Un passato di guerra, di dolore, che fa, nel massacro, la fine di amori bloccati lì, come in una cartolina: Fine di una donna da bimba, a giovane, alle rughe, allo sfinimento in un mucchio di cenere.

Nel secondo racconto, già nel titolo, troviamo i presupposti per i vari significati del percorso. La parola naufragi, implica la paura che è il motivo dominante. La bravura di Ferdinando Romito sta nel renderci quasi reale l’astratto termine di paura, come un personaggio in carne e ossa. Nei sobbalzi di vita e di morte, di speranza disperata solitudine. Paura reale, perché il personaggio che si racconta è l’autore, è un altro? È esistito, è una invenzione della memoria? Non si sa. Sta proprio in questi interrogativi e in altri, l’ambiguità necessaria per catturare la nostra attenzione. È poco importante conoscere i vari avvenimenti del racconto perché potrei anticipare la sorpresa finale. La fine ci lascia sicuramente senza fiato: cosa sono quegli esseri? Sono solo frutto della mente naufragata nella paura? Dal naufragio si ha la contrapposizione bene/male, morte/vita, il salvataggio illusorio di raggiungere un’isola come salvezza. Ma ci sono quelle luci rosse che avanzano, che aggrediscono la terra per la sete che hanno di mangiarsi il terrore di quell’uomo. Ma lui resta vivente o che altro?

Il terzo, lungo racconto è il più impegnativo. Si riferisce al desiderio di “sfuggire al negativo”. La narrazione è ben equilibrata. Romito ha tenuto a bada un avvenimento denso e variegato con pochi elementi. Le sorprese di un racconto horror, ci sono tutte. L’elemento principale è non avere nessun passaggio scontato, lasciando alla fine, il lettore con bei punti interrogativi. Come altrove, protagonista è il tempo. Non solo, ma qui l’autore gioca con il tempo, con le sue scansioni legate allo spazio, al mancamento, al respiro corto. Importante, oltre alla protagonista Dora, è la figura del marito Frank, che di volta in volta (nella mente di Dora) è fantasma che rivive dopo l’uccisione, con nuova immagine. Vivo, se lei sente sulla sua pelle, il contatto freddo delle dita del marito. Ancora, incessante, vibra il tempo. Dora vuole sfuggirlo, cambiare la sua vita, respirare dopo l’orrore passato. Una fuga dalla terribile sua realtà, passata attraverso vari momenti tragici. C’è l’ambulanza. Nell’ambiguità, c’è la figura di Jason fusa con quella del marito, che resta, comunque, ferma nella mente della donna, come un chiodo che fa male.

Il quarto racconto, Vapori, è il più breve dei racconti qui raccolti. Possedere potere. Annette, lo trova tra le pagine di un vecchio libro seppellito. I vapori di un’ampolla. Un senso soporifero. Un bussare alla porta… Due streghe, lei Annette e la sorella Eloise. Il nipote ribelle da custodire che rompe l’ampolla. E poi e poi… Per la prima volta, ho voluto seguire passo passo gli avvenimenti, per mostrare la sintesi per un racconto complesso, là dove la magia dall’ampolla rotta ha il potere di ridurre il bambino in cenere. Ma di quali vapori parla l’autore? Forse quelli annebbiati del potere?

Mi ami? Dalla dolcezza iniziale dell’amore, dal desiderio di vita, dalla bellezza, si passa all’assenza, alla paura, alla negatività, alla disillusione. Ad un richiamo di morte. Tutti questi sentimenti positivi e negativi, si svolgono in una trama terrificante e in un punto interrogativo continuo: c’è, non c’è, dov’è? E su tutto, c’è la trasformazione che mette in stato di attesa il lettore. L’autore, ancora una volta, dà prova di competenza in questi tipi di racconti, rendendoci partecipi delle sue emozioni.

  1. Tattoo. Cosa può un tatuaggio sulla persona che lo indossa? Sensi di onnipotenza? E, comunque, il perché è sconosciuto. La domanda è: questo tatuaggio rappresenta quello che si desidera, che si aspetta: un bel diavolo rosso che prende le viscere? Ferdinando Romito parla di dolce e inquietante realtà! Onnipotente fino a sentirsi diavolo e annientarsi dentro, fino a “mangiare” se stesso? Con un volto non più voluto. Come una scultura riuscita male e non cancellabile. Dice Ferdinando, con inaspettato senso morale, che il desiderio si dovrebbe controllare, perché se si realizza, uno distruttivo potrebbe fare male.

Il penultimo racconto, è forse il più pregno dei termini

VITA/MORTE

MORTE/ALTRA

VITA/ALTRA

Fusi in uguale mistero. Il mistero che vive nella vita, al di là della notte? Sicuramente non potremo fare a meno di entrare in questo infernale ritmo dell’orrore. Il sussulto, la ripugnanza, vengono dipanati in due piani. Forse al di là del tempo? È forse il tempo un “essere” vuoto? Cos’è, è solo quello che indossiamo noi? Il passato che prevale sul presente. Il presente che è pura illusione, finita nell’orrore della guerra?

L’ultimo racconto, è pervaso da un’ironia sottesa. Già nel titolo, Ferdinando Romito dispensa cento anni di vita. A parte che, ancora, è protagonista il tempo, ora c’è l’illusione di poterlo gestire, almeno nel tipo di morte desiderata. Ma è sempre il tempo ad essere crudele, ad approfittare della debolezza umana nelle sue illusioni. In quale mare vuole il personaggio affidare il suo ultimo respiro? Ottimo è il finale, che lascia sospesi, così come nella realtà delle nostre misere, povere, grandi cose.

dalla PREFAZIONE al libro "Sottilissimi granelli di sabbia" di Ferdinando Romito edito da Booksprint Edizioni - 2014

 

                                                                                             

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