Scritto da Sofia Bartalotta

Dal 26 settembre 2019 al 23 febbraio 2020, il chiostro del Bramante di Roma, ha ospitato la mostra di Francis Bacon, Lucien Freud, e la Scuola di Londra (Michael Andrews, Frank Auerbach, Leon Kossoff e Paula Rego).

La mostra si è rivelata essere una grande occasione per entrare a contatto con una scena dell’arte contemporanea ancora non molto conosciuta. Grazie a uno straordinario prestito di Tate, la pittura di questi artisti, con opere dal 1945 al 2004, rivela, in maniera diretta e sconvolgente, la natura umana fatta di fragilità, energia, opposti, eccessi, evasioni, nessun filtro, verità.

Quello che si propone di rappresentare questo tipo di pittura non è tanto la figura umana, quanto la sua interiorità, i suoi dilemmi e le sue paure; è per questo che molti dei ritratti di questi artisti risultano deformati, allucinati e delineati da pennellate violente e imperfette: la loro volontà è quella di intrappolare sulla tela  l’anima umana, fatta di debolezze e contraddizioni, che deformano la realtà estetica dei volti, e permettono di superare qualunque canone di bellezza tradizionale.

Per comprendere le opere di questi artisti, è necessario conoscere il contesto storico e sociale nel quale le loro opere vengono pensate e realizzate. Ci troviamo nella Londra del secondo dopoguerra, una città che rinasce economicamente e che si ripresenta al mondo con le ballate dei Beatles e la trasgressione delle canzoni dei Rolling Stones. In questa città, che rinasce dalle ceneri della guerra e che vive di continue contraddizioni, gli artisti in questione, conducono vite bohémien, sul bordo del precipizio, consumando alcool e nottate eccentriche.

I pittori della Scuola di Londra, negli anni ’50 si incontrano in locali fumosi e affollati, come il Gargoyle di Soho, un locale ricavato da un’antica casa vittoriana che vanta un soffitto dorato e delle pareti dipinte da Henri Matisse.  Negli anni ’60 e ’70, sciolti i postumi della guerra nell’alcool, questi artisti riescono ad usare la loro inquietudine come strumento per rappresentare sulla tela il loro groviglio interiore.  Siamo negli anni della Swinging London, gli anni del glam, del punk dei Clash, e di dischi registrati ad Abbey Road. Nei locali densi di fumo, artisti come Freud e Bacon, studiano i volti dei loro compagni di serate, di amici o conoscenti, notano i dettagli più nascosti del loro essere, li spogliano di ogni sovrastruttura, per riuscire a rappresentare la loro essenza. Gli artisti divengono osservatori di turbamenti, inquietudini e malinconie che scoprono nei volti dei loro soggetti. In ogni sguardo che troviamo rappresentato, percepiamo un pensiero o una paura celata.

Tra gli artisti – icona di questa Scuola, possiamo riconoscere sicuramente Francis Bacon. Adolescente problematico, una volta che viene sorpreso dal padre ad indossare la biancheria di sua madre, viene cacciato da casa e dall’Irlanda. Nel 1927 arriva a Parigi, dove senza nessun particolare interesse per l’arte o talento precoce, decide di diventare un’artista alla ricerca del suo primo capolavoro. Bacon è solito affidarsi all’intuizione, è privo di qualsiasi formazione accademica, non sa disegnare, ma riesce comunque a trovare un linguaggio che lo contraddistingue. La sua pittura si basa sull’immediatezza, sull’istinto: Bacon è sicuro che nel momento in cui viene elaborata una storia in un dipinto, in esso si insinua la noia.  Secondo l’artista un dipinto deve disorientare, se cessa di essere enigmatica l’immagine perde il suo potere. Il mistero dei suoi quadri nasce proprio dal disordine di cui si nutre, dalle immagini distorte, liquefatte, prive di consistenza, che ci trasmettono un senso di smarrimento.

Un altro esponente di questa Scuola, e amico di Bacon, è Lucien Freud. Uno studente ribelle, che ha scelto di abbracciare la carriera di artista, contro il parere di tutta la sua famiglia, compreso il nonno Sigmund Freud, che non ritiene quella di pittore una vera professione.  Ma in fondo, il lavoro di Lucien non è così diverso da quella di suo nonno Sigmund.  Anche il pittore, con il suo occhio indagatore, analizza l’interiorità dei suoi modelli, mettendoli su un “lettino”, spogliandoli di tutto ciò che li nasconde. Lo stesso Lucien chiama i suoi nudi, non semplicemente nude ma naked, ovvero spogliati, senza più niente addosso. I corpi rappresentati da Freud sono talmente veri e realistici, che mentre li osserviamo ci sentiamo degli intrusi. I soggetti del pittore sono davvero eterogenei, si passa dai ladruncoli di quartiere a personaggi più eccentrici, performer omosessuali che animano le notti di Londra, come Leigh Bowery. Seppur molto differenti tra loro, quello che accomuna questi personaggi, è l’occhio con cui Freud li osserva e li rappresenta.  L’artista li guarda da vicino, per mostrare l’intimità del rapporto che instaura con loro, e far sentire noi osservatori come degli ospiti inattesi.

Freud e i suoi compagni, in un periodo di trasformazione urbana e sociale, riescono a rappresentare il cambiamento di una società in continuo movimento. La Scuola di Londra riesce a riportare sulla tela una nuova rappresentazione della figura umana, fatta non solo di carne ma anche di turbamenti, che seppur vissuti in epoche diverse, ancora oggi permettono a quei quadri di essere uno specchio realistico, e attuale, della nostra umana fragilità.

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