Foto: Vincenzo Maio

Il  limite tra creatività e sofferenza psichica è un problema irrisoluto che ha fatto riflettere gli studiosi da sempre.

La sofferenza psichica permette al paziente di arrivare a scoprire aspetti del proprio io; in caso contrario, non sarebbe un obiettivo raggiungibile, come avviene nella maggior parte della persone ritenute “sane”. La creatività, che può arrivare fino alla genialità, consiste in una produzione, nelle varie sezioni artistiche, del nuovo, del bello, dell’ originale e dell’ eccentrico.

Ma in ogni artista c’è sempre un pizzico di follia. In un libro dello psichiatra Gianni Monduzzi è scritto: "Il pazzo non sa controllare la sua genialità. Il genio sa controllare la sua pazzia".

Lo scorso anno il noto critico d’ arte Vittorio Sgarbi ha così commentato questo pensiero: "Può darsi. Certamente noi dobbiamo alcune immagini folgoranti alla liberazione della fantasia e della psiche di alcuni oggettivamente giudicati pazzi, tant’ è che ho fatto una mostra “Arte, genio e follia”. E’ un museo che adesso è allestito a Salò. E’ il “Museo della Follia”, dove diverse fattispecie di follia producono degli effetti o catastrofici come quelli del nazismo, della guerre in generale che sono catastrofe e distruzione, ovvero creazioni che ci fanno capire una parte nascosta dell’ animo dell’ uomo. Allora ecco Van Gogh, Ligabue e tanti altri di cui noi abbiamo registrato la follia operosa, tale da stimolare la nostra sensibilità, la nostra attenzione".

Con la chiusura dei manicomi, in Italia, probabilmente gli psichiatri lavorano di meno. Comunque, come ha evidenziato il Monduzzi, c’è da dire che spesso loro sono le mannequin della follia: indossano con maggiore eleganza gli stessi abiti dei loro pazienti. Ma è facile distinguerli dai malati: la camicia di forza ce l’hanno abbottonata davanti.