Scritto da Franco Maiolino

Non era necessario questo libro per attestare l’amore di Francesco Cirillo per la sua terra, era sufficiente il libro precedente Calabria Ti Odio per testimoniare il legame viscerale di questo autore versatile, che nella sua vasta bibliografia di saggista, storico e polemista ha sempre ancorato  i suoi scritti con un cordone ombelicale alla Calabria. E lo ha fatto sempre, coi sistemi non convenzionali della provocazione e della denuncia civile, ma anche con il rigore certosino dello storico e dello studioso che spulciando tra archivi di stato e biblioteche civiche, anche raccogliendo le storie della tradizione orale, ha ricostruito delle fasi importanti della storia sociale, culturale e politica di Diamante.

Ora ha voluto, con questo suo ultimo libro, tentare una operazione letteraria che coniugasse una guida turistica di luoghi  più o meno noti della Calabria ad  un circuito erotico che però a mio parere funziona a corrente alternata.

La guida agli itinerari di una Calabria misconosciuta che affonda le sue origini nei viaggiatori stranieri del 7-800, da Astolphe De Custine a Norman Douglas a Goethe, presenta una certa originalità perché si incentra su siti e località che indubbiamente presentano un loro fascino quando non sono di riconosciuto interesse storico o naturalistico. C’è chiaramente tanto territorio della Riviera dei Cedri e del Pollino, che Cirillo conosce come le sue tasche, ma anche alcuni luoghi eccellenti ed intriganti come Capo Colonna, Le Castella, Riace, Bivongi, Rocca Imperiale ed alcuni luoghi la cui fama è legata a  personaggi, eretici e provocatori per la cultura del tempo come Donnu Pantu ad Aprigliano e  Vincenzo Ammirà a Vibo.

Completamente fuori luogo, invece l’inserimento di Melicuccà, paese del grande poeta Lorenzo Calogero, suicida come Pavese per il difficile mestiere di vivere, di cui più che il paese andrebbero frequentati gli scritti.  Fin qui, comunque, il sottotitolo di Viaggio nella Calabria (quasi) sconosciuta ci sta perché arricchisce il panorama della mai sufficiente necessità di presentare una Calabria fuori circuito che sappiamo essere ricca di storia, tradizioni, devozioni, natura, gusto e curiosità, per cui a Cirillo, il merito non solo di averci ricordato che i Bronzi di Riace, il Toro di Papasidero, gli scavi di Sibari sono eccellenze degne dell’Unesco, ma anche perché la Calabria è depositaria di una miriade di misconosciuti tesori materiali ed immateriali. Dove invece il libro, a mio parere, non funziona è nel tentativo di tenere insieme questo tour con un collante che presume di essere erotico, ma alla fine non lo è riducendosi ad un abbinamento bellezza/eros quasi sempre forzato e non rispondente forse a quanto l’autore si prefiggeva.

Tranne qualche rara eccezione, come per il bacio tra le gole del Raganello, Cirillo non riesce a comunicare l’umore, gli odori, i colori e le sfumature che sottendono l’istaurarsi di quella atmosfera fatta di complicità, di intrigo, di ammiccamenti, che preludono prima al gioco della seduzione e poi all’amore. Al di là della simbologia fallica della Colonna di Hera Lacinia o della plasticità muscolare dei Bronzi è difficile essere stimolati da una lapide francescana o dal pozzo del chiostro della Madonna del Patire (che non è l’Estasi di Santa Teresa, ma questo potrebbe essere soggettivo), mentre un dato certo è che cimentarsi con la letteratura erotica senza sconfinare nella pornografia è operazione difficile riuscita poche volte nel corso della millenaria storia dell’uomo dove il sesso ha funzionato quando è stato corollario di storie incentrate sulle emozioni che si sono poi sublimate con un atto di amore. Ecco quel che manca nel libro di Francesco Cirillo, la capacità di far nascere dai luoghi visitati delle emozioni, la capacità di stimolare il lettore, di far intravedere e non di esplicitare, di dire e non dire.

Credo che Francesco, che appartiene alla mia generazione, sicuramente ricorderà che nel 1973, quando arrivarono sugli schermi, apprezzavamo di più e si era più intrigati dalle movenze sinuose e maliziose di Laura Antonelli che dalla voracità  della Gola Profonda di Linda Lovelace.

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